DONATO BRAMANTE

Fermignano 1444 - Roma 11 aprile 1514

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Donato D’Angelo detto Bramante è nato a Monte Asdrualdo (Fermignano) nel 1444.
Bramante si denota come architetto, pittore, nonché poeta e uomo dai mille interessi artistici e culturali, tra i quali lo studio di Dante.
I suoi maestri, i suoi amici, i suoi committenti furono per lo più raffinati intellettuali; anche grazie a queste influenze le sue curiosità non hanno limiti, le sue conoscenza sono molteplici, variegate, e assai vaste. Sembra che egli lavori, per quanto gli è possibile, solo quando il lavoro lo stimola o gli è indispensabile per la sicurezza quotidiana e i piaceri della vita.
Giovane e libero da legami di famiglia inizia a viaggiare e si dirige a Bergamo, dove, a capo di una equipe di pittori, dipinse figure dell’epoca. Nei primi anni ’90 si trasferisce a Milano, dove entra al servizio stabile degli Sforza.
Dopo quasi un ventennio di lavoro nella città Sforzesca, muove alla volta di Roma dove viene addirittura scelto come “architetto del Papa”. Qui morirà l’11 Aprile 1514.
Primo e attento osservatore delle antichità, Bramante ne fece il fondamento di ideali nuovi e “valori moderni” ma sempre senza trascurare le tradizioni. Per questo e per le altre sue numerose abilità e doti, lo ricordiamo oggi come l’”huomo eccellentissimo” di allora.

 

 
Gli anni della formazione
 

L’inizio della sua formazione come architetto può essere fatto risalire al perido trascorso accanto a Luciano Laurana durante la trasformazione del Palazzo Ducale di Urbino avvenuta a partire dal 1466. Nella città del Montefeltro iniziò anche la sua carriera di pittore come allievo di Frà Carnevale ma fu grandemente influenzato anche dalla presenza alla corte del Duca di Montefeltro, di altri grandi nomi, tra i quali Piero della Francesca, che gli trasmetterà poi l’uso vigoroso dei colori e la grandezza monumentale.

 
 

Le opere

1477 – BERGAMO – DECORAZIONE FACCIATA DEL PALAZZO DELLA RAGIONE, perduta nell’incendio del 1513.

1478 – MILANO – AFFRESCO “UOMINI D’ARME” in Casa dei Panigarola, il “CRISTO ALLA COLONNA” e affreschi in Casa Fontana (tutti attualmente conservati alla Pinacoteca di Brera).

1481 – 1499 – MILANO – SANTA MARIA PRESSO SAN SATIRO: qui l’abside non poteva essere realizzata secondo i canoni tradizionali per mancanza di spazio, allora Bramante la rappresentò pittoricamente dipingendo una falsa prospettiva che suggerisce la profondità spaziale.
SANTA MARIA DELLE GRAZIE: qui Bramante coniugò i principi del Rinascimento fiorentino con la rilettura di elementi tipici dell’arte lombarda romanica e paleocristiana come piante poligonali e decorazioni in cotto.

Frammento di affresco, Eraclito e Democrito
Pinacoteca di Brera

   
     

A motivo della sua fama viene anche chiamato come consigliere per la costruzione del Duomo di Milano dove affronterà il problema del tiburio. Attivissimo, opera inoltre nel Castello Sforzesco e progetta la canonica e i chiostri di Sant’Ambrogio; purtroppo, entrambe le opere, furono realizzate da altri agli inizi del ‘500.

     

1499 – ROMA – Bramante vi si trasferisce in seguito alla conquista di Milano da parte dei francesi e dopo la cacciata di Ludovico il Moro.
Qui realizza:
CHIOSTRO DI SANTA MARIA DELLA PACE

TEMPIETTO DI SAN PIETRO IN MONTORIO: santuario circolare sormontato da una cupola, ispirato al tempio romano della Sibilla a Tivoli. Palladio citò questo edificio quale unico esempio di architettura “moderna” degna di stare a fianco dei templi dell’antichità.

 
   

Il Chiostro del Bramante commissionato dal
cardinale Oliviero Carafa intorno al 1500

     
 

PROGETTO PER LA RIEDIFICAZIONE DELLA BASILICA DI SAN PIETRO: il disegno prevedeva un grande edificio a pianta quadrata absidata sormontato da una cupola centrale; con 4 cupole più piccole e 4 torri; gli archi che avrebbero dovuto sostenere la cupola furono eretti, ma, prima che la struttura fosse completata, il progetto fu radicalmente alterato da Michelangelo e da Carlo Maderno il quale poi completò la Basilica nella forma attuale, ovvero a pianta rettangolare.

PROGETTO PER IL CORTILE DEL BELVEDERE: questo cortile serviva per collegare i Palazzi Vaticani alla residenza estiva del Papa. Nemmeno questi furono infine realizzati secondo il progetto del Bramante.

La scala elicoidale del Bramante in Vaticano

   
 

E’ la capostipite di tutte le scale elicoidali che seguiranno, da quelle manieriste (il Vignola a Caprarola e Piacenza, il Mascherino al Quirinale), barocche (Borromini a Palazzo Barberini), sino al Settecento (lo Specchi a Palazzo de Carolis). La sua ambiguità la rese esemplare per gli architetti anticlassici e la rende magnetica ancora oggi per noi.

Giulio II commissiona al Bramante una scala che permetta di raggiungere il Cortile delle Statue (attuale cortile ottagono) e la villa di Innocenzo VIII, senza attraversare il Palazzo Apostolico e il cortile del Belvedere. Dev’essere quindi una scala funzionale, destinata principalmente ai visitatori che si recano alla villa in veste privata. Infatti, sotto Giulio II la villa non é più riservata al solo papa. Umanisti e eruditi visitatori vanno a studiare i capolavori antichi che vi si conservano, come il Laocoonte, e artisti sono alloggiati nei primi due piani della villa. Lì abiterà Bramante stesso, si appronteranno stanze per Leonardo e più tardi anche Michelangelo salirà la scala elicoidale per raggiungere il suo appartamento.

Bramante deve averla iniziata già nel 1507 ma morì nel 1514 – un anno dopo Giulio II – senza averla completata. Un disegno di Maarten van Heemskerck del 1532 ci mostra dei visitatori che salgono dalla campagna verso la torre che contiene la scala, ancora incompleta. A metà Cinquecento, delle strutture difensive ne limiteranno l’accesso e la scala perderà la funzione di collegamento con l’esterno, conservando solo quella di servizio ai piani della villa. Dopo i radicali rimaneggiamenti del XVIII secolo per la costruzione del Museo Pio Clementino, oggi la scala del Bramante é l’unico elemento rimasto intatto a ricordare, al Belvedere, quell’ età straordinaria di titani, Giulio II, Bramante e Michelangelo.