Tre liquori marchigiani

   
   

Oltre al visner, al vino cotto e alla sapa, troviamo altri tre prodotti iscritti nella sezione "bevande analcoliche, distillati e liquori". Si tratta del liquore al cumino, del mistrà e della lacrima di spino nero. Il primo, estremamente raro, è stato censito nella zona di Ussita, all'estremo confine della provincia di Macerata con l'Umbria. Liquore trasparente, dal sapore dolce e vellutato e dall'elevata intensità olfattiva, si ottiene dalla macerazione dei semi di cumino ai quali si aggiunge uno sciroppo dolce. Una volta amalgamato il tutto, il liquore viene filtrato e imbottigliato. Trascorse 2 settimane, il liquore al cumino, che nella zona è considerato un ottimo digestivo, è pronto per il consumo.

 

Ben altra notorietà può vantare il mistrà, largamente conosciuto e apprezzato in tutta Italia, soprattutto nelle regioni centrali. È un liquore all'anice più o meno dolce, di corpo, dal retrogusto secco e amaro, le cui origini sono antichissime. L'anice (Pimpinella anisum) era già utilizzato dagli antichi egizi e dai babilonesi per via dei principi galenici che contiene. Lo apprezzavano molto anche i Greci che, volendolo distinguere dalla cicuta con cui poteva essere confuso, lo chiamavano anisos (non uguale). Nelle Marche, le due date da ricordare per la produzione del mistrà, sono il 1868 e il 1870, con l'entrata in funzione di due impianti, situati rispettivamente a Pievebovigliana (MC) e ad Ascoli Piceno.

 

Le due aziende sono ormai molto affermate nel settore e si sono specializzate nella produzione di due diverse tipologie di prodotto: la prima produce un mistrà molto secco, mentre l'altra è famosa per una versione più dolce: l'anisetta. Nella preparazione del mistrà, si parte dai semi di anice ancora verdi che vengono fatti macerare per 40 giorni in alcol a 70°. Si aggiunge successivamente, a freddo, lo sciroppo di zucchero in misura variabile a seconda del grado di dolcezza desiderato. Si procede quindi al filtraggio e, infine, all'imbottigliamento. Oltre ad essere un ottimo digestivo, il mistrà è assai apprezzato come correzione nel caffè. In campagna, nel periodo della mietitura, era usanza dissetarsi aggiungendo qualche goccia di mistrà all'acqua fresca del pozzo.

 

Questa bevanda corroborante veniva chiamata, nella zona di produzione del mistrà, comprendente le province di Macerata, Fermo e Ascoli Piceno, "l'acqua de mète". Bisogna invece spingersi più a nord, precisamente nel territorio della Comunità montana del Catria e del Cesano, per trovare il terzo liquore iscritto nell'elenco: il prunus di Valle Rea o Lacrima di spino nero. È un liquore che si ottiene dalle drupe del prugnolo (Prunus spinosa) e di altri frutti di bosco alle quali si uniscono zucchero e vernaccia rossa di Pergola, che abbiamo già incontrato a proposito della preparazione del visner, al quale questo prodotto può essere assimilato per alcuni aspetti della preparazione. È una bevanda che normalmente ha una gradazione alcolica intorno ai 14° e che, servita fresca ma non troppo, ben si accompagna con dolci al cioccolato, torroni e pasticceria secca.