ERMO DI SANT'EUSTACHIO A SAN SEVERINO MARCHE

Testo e fotografie

  LOCALITA'   ALTA VALLE DEL POTENZA

MC

Regione Marche Ass.Turismo
  TEMPO DI PERCORRENZA   20 MINUTI A PIEDI (SOLO ANDATA)

E

 
  SEGNALETICA   ASSENTE

 

  GRADO DI DIFFICOLTA'   ESCURSIONISTICO  

 

COME ARRIVARE

 

A Porto Recanati si imbocca la statale n. 361 e si raggiunge San Severino Marche; si prosegue in direzione di Castelraimondo e, dopo circa 2,5 km da San Severino Marche, sulla sinistra, si attraversa un passaggio a livello che immette su una carrareccia. Superato il Potenza, si parcheggia e si avanza in direzione di evidenti cave di breccia; continuando ad inoltrarsi nella valle in direzione sud, dopo 1,6 km di salite e discese, si raggiunge l'eremo.


DESCRIZIONE

 
 

Attraverso il sentiero che s'inoltra lungo la Valle dei Grilli o di Sant'Eustachio (oggi protetta come "area floristica"), una gola che s'incunea tra i boscosi versanti del Monte di Crispiero e del Monte d'Aria, solcata da un ruscello, si raggiungono le affascinanti Grotte di Sant'Eustachio, luogo dove per secoli ha prosperato un'importante Abbazia benedettina, di cui resta oggi solo la chiesa romanica, alto edificio quadrangolare addossato alla parete rocciosa. Al suo fianco si apre un'ampia cavità, un'antica cava, come testimoniano i segni dello scalpello e le impronte lasciate dai blocchi staccati che vennero utilizzati per i monumenti della romana Septempeda e della medievale San Severino. Sulla strada prospetta la lineare facciata occidentale della chiesa, su cui si aprono l'occhio rotondo del rosone, due coppie di strette e strombate monofore e un'edicola con cornice ogivale che probabilmente ospitava un'immagine sacra. Sul lato sud si trova l'ingresso, costituito da un portale romanico decorato con girali e motivi vegetali e incorniciato da un protiro con volta a botte. E'interno è costituito da un'aula quadrangolare con copertura a crociera e vele sostenute da costoloni esagonali. Attraverso un leggero rialzo del pavimento si passa al vano ricavato nel masso calcareo, profondo circa 10 m e rastremato verso il fondo. Un ardito arco trionfale separa questo spazio, che funge da presbiterio, come si deduce dalla presenza dell'altare, dal resto dell'aula che risale al XIII secolo. Probabilmente la primitiva Chiesa di San Michele in Domora del sec. XI è da identificarsi nell'attuale presbiterio, a cui si accedeva tramite l'arco a tutto sesto oggi inglobato nel muro meridionale. I numerosi ambienti sottostanti la chiesa e oggi raggiungibili solo dall'esterno, sono costituiti da anguste celle con volte a botte, forse antiche dimore dei monaci.

PER SAPERNE DI PIU'

 
 

La chiesa apparteneva ad un potente monastero benedettino il cui appellativo domora (da domorum, delle case), indica l'originaria vicinanza ad un villaggio dove alloggiavano gli scalpellini che per secoli lavorarono la pietra calcarea estratta dalle numerose grotte che si aprono nei fianchi della gola. Il luogo era assai frequentato, anche con funzione di ospizio per i viandanti, poiché vi passava una comoda strada montana che in breve raggiungeva Camerino e la valle del Chienti. Si perdono nel tempo le origini del monastero di San Michele in Domora, forse all'VIII secolo, e certo il richiamo all'Arcangelo tradisce un collegamento con i Longobardi. Le prime fonti documentarie sono atti di donazioni del 1047 e del 1086, mentre al 1281 risale un breviario di rito cistercense che farebbe presupporre l'adesione del cenobio alla regola riformata di Citeaux. Forse il cambiamento del nome da San Michele a Sant'Eustachio e il relativo ampliamento della chiesa e del convento si devono a questo rinnovamento spirituale, al quale seguì un allargamento delle proprietà dell'eremo. Dal XIV secolo iniziò la decadenza, tanto che nel 1393 fu unito a San Lorenzo in Doliolo: da allora il monastero dirupò e la chiesa divenne albergo per greggi e fuoriusciti, pur continuando a svolgere una forte attrazione sulla gente del posto. Nel 1855 l'eremo fu consolidato dal conte Servanzi Collio, ma oggi versa in precarie condizioni, abbandonato al vandalismo.

LE LEGGENDE DI SANT'EUSTACHIO
La maggiore delle numerose grotte presenti è quella detta del Gallo e si trova di fianco all'ingresso della chiesa; il nome deriverebbe da un gallo che, gettato all'interno di una buca dove si erano persi due monaci, uscì da una sorgente intermittente nei pressi di Camerino. Si narra anche di due buoi che, entrati nella grotta, non sarebbero più stati ritrovati. Celebre è il prodigio dell'acqua che stillava dalla volta della chiesa e veniva raccolta sul pavimento disposto a bacinella davanti all'ingresso della sagrestia. Poiché si riteneva che l'acqua potesse guarire le malattie del cuoio capelluto, in particolare la tigna, sino alla fine del XIX secolo era possibile trovare nei pressi ciocche di capelli, pettini, medaglie.

 

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