MONTEFELTRO |
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CONVENTO DI SANT'IGNE A SAN LEO Avanzando per circa 1,5 km lungo la strada che da San Leo scende
fino al Fiume Marecchia, in direzione di Villanova, si raggiunge
l'interessante complesso monastico di Sant'Igne, rimasto intatto nei
secoli e costituito dalla chiesa trecentesca, dal convento e dal
suggestivo raccolto chiostro del Duecento retto da colonnine
esagonali e ricco di affreschi del XV secolo. Ancora è vivo nel
luogo il ricordo della celebre predica tenuta da San Francesco nel
1213 davanti alla Pieve di San Leo, dal tema Tanto è il bene che mi
aspetto che ogni pena m'è diletto, al termine della quale uno dei
numerosi cavalieri presenti, messer Orlando di Chiusi, colpito dalle
parole del santo, gli fece dono della Verna, luogo aspro e
selvaggio, che diventerà il rifugio prediletto da Francesco. |
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MONTE NERONE |
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GROTTA DI SANT'UBALDO Superato il centro abitato di Piobbico e proseguendo in direzione di
Apecchio, ci si inoltra nella valle del Torrente Biscubio che si
restringe tra rocce calcaree grigie e rosse, in una suggestiva gola
lunga circa 5 km caratterizzata da fitti boschi di carpino e quercia
che si alternano ad anguste valli e ad alti speroni di roccia. Poco
prima di raggiungere Sant'Andrea, un gruppetto di case che sorge
sull'alto di una rupe al termine della gola, proprio di fronte
all'antica Chiesa di Sant'Andrea di Pian di Molino, si nota
nell'alta parete rocciosa sulla destra l'apertura della Grotta di
Sant'Ubaldo, abitata dal Santo nel 1125 dopo la sua precipitosa fuga
da Gubbio, i cui abitanti lo volevano eleggere Vescovo della città. |
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FONDARCA Dal piccolo borgo di Pieia arroccato sul versante del monte Nerone
in direzione di Cagli, sotto le rocce del Sasso del Re, parte un
agevole e panoramico sentiero (n. 20) che in venti minuti conduce ai
piedi di un aereo arco roccioso che rappresenta il suggestivo
ingresso ad un superbo anfiteatro di roccia. I resti di mura
presenti nelle due entrate rendono verosimile l'ipotesi di una
utilizzazione del luogo dapprima come romitorio e poi come ricovero
per il bestiame. |
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MONTE CONERO |
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ABBAZIA DI SANTA MARIA DI PORTONOVO Per raggiungere la chiesa ci si deve dirigere alla Baia di Portonovo.
Al termine della strada che scende dalla dorsale del Cenerò, presso
il mare e tra gli ulivi, si raggiunge un ampio spiazzo dove si
parcheggia. La nobile abbazia benedettina, fondata da ricche
famiglie anconetane, sorge a picco sul mare, ai piedi della montagna
incombente. La chiesa è realizzata con candidi conci di pietra
locale e fonde nella sua architettura la pianta inscritta di tipo
greco bizantino con quella latina paleocristiana di tipo basilicale.
Le sue forme intatte risalgono al 1034, epoca in cui venne edificato
anche l'annesso cenobio benedettino, oggi scomparso, che venne
abbandonato dai monaci nel 1320 a causa dei danni del terremoto e
per la continua caduta di massi e terriccio dal sovrastante monte
Conero. La complessità dell'articolazione architettonica interna si
riflette anche all'esterno, caratterizzato da una semplice facciata
tripartita, da un'alta abside centrale nella parte posteriore e da
un tiburio a pianta rettangolare aperto da bifore; numerosi archetti
pensili e loggette trifore cieche alleggeriscono la complessa
struttura. Dopo la caduta del governo pontificio l'edificio fu
utilizzato come asilo di pastori e greggi; restaurata dal celebre
architetto Giuseppe Sacconi alla fine dell'Ottocento, la chiesa fa
riaperta al culto nel 1934. |
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EREMO DI SAN PIETRO Quasi sulla cima del Monte Conero, nei pressi di un'ombrosa lecceta,
sorge la Badia di San Pietro che, dietro alla tarda facciata
settecentesca dalle semplici forme scandite da alte paraste,
nasconde un'armoniosa chiesa romanica caratterizzata da fantastici
capitelli con raffigurazioni vegetali e animali intrecciate. Tra i
vari motivi spiccano le classiche sirene ammaliatrici, le palme, le
foglie d'acanto, i fiori, i serpenti, i leoni e i draghi, spesso
avvinghiati tra loro, a voler significare la perenne lotta contro le
forze del male. L'interno è a tre navate su pilastri e colonne, con
presbiterio rialzato e cripta a sette navatelle divise da colonne.
Sulla destra dell'edificio sorge il convento i cui locali, anche in
seguito ai pesanti danni dell'ultimo conflitto mondiale, sono stati
adibiti ad albergo. Del complesso si hanno notizie a partire da un
documento del 1038, in cui viene definito unito all'Eremo di San
Benedetto. La pacifica convivenza tra i due romitori durerà fino al
1518, quando il Vescovo di Ancona decise di affidare l'Abbazia di
San Pietro agli eremiti di Santa Maria Gonzaga e successivamente San
Benedetto alla Congregazione Camaldolese. Da allora cominciarono le
reciproche incomprensioni che sfociarono in calunnie, scaramucce
notturne e lanci di pietre. In seguito ad un incendio appiccato al
monastero di San Pietro nel 1558, i Gonzaghiani abbandonarono il
luogo e le due chiese farono riunificate sotto la comune autorità
Camaldolese che rimase fino all'Unità d'Italia. |
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MONTE SAN VICINO |
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EREMO DI S. DOMENICO LORICATO o DELLA SS.
IGNITA A FRONTALE DI APIRO In una vallata alle falde del monte San Vicino, in prossimità di una
località chiamata Stamponata, una sterrata conduce in breve
all'eremo che, nonostante l'utilizzazione come fienile e casa
colonica, è ancora riconoscibile nei suoi elementi fondamentali.
Dell'intervento settecentesco documentato nell'architrave del
portale restano alcune tracce di dipinti murali. Vi abitò San
Domenico Loricato, eremita dalle grandi doti spirituali, noto per le
sue pratiche penitenziali, la semplicità e la saggezza, nato forse a
Cantiano alla fine del X secolo il quale, dopo una lunga permanenza
a Fonte Avellana dove si distinse come il discepolo prediletto di
San Pier Damiani, si ritirò nell'Eremo della Santissima Trinità in
cui morì nel 1060. |
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ABBAZIA DI SANT'URBANO A APIRO Fuori dal centro abitato di Apiro, in posizione isolata, sorge
l'Abbazia di Sant'Urbano, ricordata nei documenti fin dal 1033.
Rinnovata nelle forme architettoniche intorno alla metà del XII
secolo, presenta un esterno triabsidato decorato con colonnine e
archetti pensili; lo stesso motivo si ripete lungo il fianco
sinistro che, a differenza di quello destro e della facciata
rovinati a causa della sovrapposizione di case coloniche, ha
mantenuto il suo aspetto originario. Il portale immette in un atrio
a pianta quadrata coperto a crociera attraverso cui si accede allo
spazio dedicato ai fedeli, nettamente diviso, tramite un muro
trasversale, dal presbiterio riservato ai monaci: tale particolare
architettonico, piuttosto raro, accentua il carattere "mistico"
dell'edificio, costruito per la pregherà e la meditazione dei
monaci. Alla cripta si accede attraverso un rustico ambone:
l'ambiente è costituito da tre navatelle suddivise da file di
colonnine sormontate da capitelli decorati. |
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ALTA VALLE DELL'ESINO |
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LA ROMITA DI MONTE GEMMO A MATELICA Dirigendosi alle falde del Monte Gemmo a 757 m s.l.m. provenendo
dalla Villa di Cantalupo o dalla Villa di Casa Foscoli, si
raggiungono i ruderi di un antico eremo la cui fondazione risale al
19 aprile 1274, quando frate Rinaldo Topino, converso del monastero
di Santa Maria Maddalena di Matelica, chiese di potersi ritirare
come eremita sul Monte Gemmo. La Romita è citata in numerose fonti e
nel 1925 risultava ancora in buone condizioni, con un'epigrafe
recante la data 1724 sopra la porta della chiesa, un altorilievo
romano e, nell'abside, una tela del XVI secolo attribuita a
Bernardino di Mariotto. Allo stato attuale sono riconoscibili la
chiesa, il campanile e alcuni locali dell'eremo completamente
avvolti dalla vegetazione. |
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ABBAZIA DI SANTA MARIA IN ROTIS A BRACCANO
DI MATELICA Da Matetica si imbocca la strada per il Monte San Vicino che sale
dal ponte della ferrovia. Giunti a Braccano si prende una
carrareccia e si prosegue nel fondovalle; superato un allevamento di
trote, in corrispondenza di una curva a destra, si parcheggia poiché
la strada è interrotta da una sbarra, e in circa 30 minuti si
raggiunge l'abbazia. Il tempo sembra essersi fermato in questo luogo
silenzioso ricco di acque e sorgenti circondato dai monti, ai piedi
di una verde conca di pascoli e campi ritagliati tra le selve.
Purtroppo tuttavia i secoli hanno compiuto la loro opera
devastatrice: l'intero complesso è ridotto a stalla per ovini, con i
muri sbrecciati e le candide pietre degli archi sparse tra i rovi.
La struttura a quadrilatero crebbe con il tempo e del nucleo più
antico resiste solo parte del chiostro e della chiesa, con la bella
monofora che si apre nella facciata. Un tempo molto potente,
possedeva terre, case, mulini; fondata nell'XI secolo e riformata da
San Romualdo, cominciò ad entrare in crisi all'inizio del XIV
secolo, quando fu assalita dai matelicesi. Nel XV secolo fu data in
mano agli abati commendatari e nel XVI secolo i suoi beni furono
assegnati al Capitolo della Collegiata di Santa Maria della Piazza.
Due incendi scoppiati nel XVIIIecolo discussero il ricco Archivio
dell'abbazia. |
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ABBAZIA DI SANTA MARIA D'APPENNINO Lungo la S.S. 76 che da Fabriano conduce a Fossato di Vico, superata
la frazione di Cancelli, ci si imbatte in ciò che resta di Santa
Maria d'Appennino, un tempo una delle abbazie più importanti del
fabrianese. Forse fondata da San Romualdo, è citata in un documento
del 1003 e in una bolla di papa Adriano VI del 1157 viene definita
come "luogo insigne di venerazione e devozione". Speciali privilegi
di immunità spettavano alla comunità benedettina che vi abitava e
gli abati esercitavano i diritti di vassallaggio sui circa 3000
abitanti delle campagne circostanti. Di questa potente abbazia in
grado di amministrare 32 chiese nei paesi vicini e dell'annesso
vasto monastero, poi trasformati in casa colonica e magazzino, oggi
non rimangono che parte della facciata che prospetta sul fiume
Giano, una scala ad unica rampa che dal chiostro sale ad una loggia
con archi a tutto sesto, e un mucchio di ruderi. |
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ABBAZIA DI SAN BIAGIO IN CAPRILE A
CAMPODONICO In frazione Campodonico, a poca distanza da Fabriano, sorge fin dal
1035 l'abbazia benedettina di San Biagio in Caprile, raro esempio di
monastero rurale poi adattato ad abitazione. La chiesa ha mantenuto
la sua fisionomia originaria con la sobria facciata in pietra
nobilitata dal portale ad arco acuto e l'interno a navata unica
coperta da volta a botte e conclusa da un'abside semicircolare. A
contrasto con un tale rigore compositivo, le pareti erano decorate
con uno straordinario ciclo pittorico, ora conservato nella Galleria
Nazionale delle Marche di Urbino, che rappresenta uno dei vertici
della pittura italiana del XIV secolo. |
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ALTA VALLE DEL
POTENZA |
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EREMO DELLA MADONNA DELLE MACCHIE A
GAGLIOLE L'antico complesso rimastico è raggiungibile tramite una strada
bianca che si imbocca dalla Statale 361 che congiunge Castelraimondo
a San Severino Marche, in prossimità di un evidente cementificio, ma
sul lato opposto della strada. La suggestiva struttura è costituita
da un quadriportico sul quale si affacciano alcuni edifici monastici
e due chiese, di cui la più antica è un edificio gotico con portali
a sesto acuto e volte a crociera, all'interno del quale si trovano
alcuni affreschi riconducibili a Diotallevi di Angeluccio (sec. XIV).
Nella seconda chiesa, adiacente alla prima e ottenuta tramite la
tamponatura di un antico portico, sono visibili numerosi affreschi
votivi e, nella parete absidale, un'Assunzione databile intorno alla
fine del XV e all'inizio del XVI secolo. Da visitare a Gagliole
anche la Chiesa di Santa Maria della Pieve (ex Pieve di San Zenoné)
del secolo XI e la Chiesa di San Giovanni vecchio di Acquosi dei
secoli XII-XV |
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EREMO DELLA MADONNA DI VALCORA A FIUMINATA Nato dapprima come edicola mariana ai cui piedi si estendeva il lago
che raggiungeva Pioraco, poi trasformatosi in santuario e infine in
eremo, l'edificio fu costruito in alto, su di uno sperone roccioso
del Monte Boldaino, in prossimità di un villaggio denominato
Sarracchiano che sorgeva al di sopra della frazione di Valcora,
sulla riva destra del fiume Potenza L'originaria edicola fu
ristrutturata nella seconda metà del Trecento e fu ampliata nel
1728; l'annesso eremo, ridotto allo stato di rudere, è stato
recentemente ricostruito. La chiesa a navata unica, con tetto a
capanna, conserva l'antica abside trecentesca ricca di interessanti
affreschi attribuiti a Diotallevi di Angeluccio di Esanatoglia. Da visitane a Fiuminata, nella frazione Campottone, anche la
Chiesa di San Michele Arcangelo detta la Romitella, risalente agli
inizi del XIV secolo. |
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GROTTA DI SAN VITTORINO A FIORATO Una ripida scala di cemento in prossimità dei Giardini Comunali di
Pioraco conduce alla Grotta di San Vittorino che si apre su un
fianco del Monte Gualdo. Superato un dislivello di 100 m, si arriva
ad una grotticella protetta da un'inferriata, al cui interno si
trova un rustico e recente altare di pietra. E' questo il luogo in
cui nel VI secolo si ritirò in penitenza San Vìttorino, patrono di
Pioraco e fratello di San Seyerino, patrono e vescovo dell'omonima
città. Si narra che il Santo anacoreta, trovandosi in meditazione
nelle vicine Grotte di Sant'Eustachio, sia riuscito a sfuggire alle
tentazioni di una donna smarritasi nella valle, lasciandosi
spenzolare a lungo da un albero con le mani strette sui rami.
Divenuto ben presto popolare, si sottrasse alle folle rifugiandosi
nella grotta di ; Pioraco, dove morì dopo anni di preghiera nel 538.
Le sue spoglie riposano nell'antica Pieve della cittadina, dedicata
al Santo eremita. Da visitare a Pioraco anche la
settecentesca chiesetta della Madonna della Grotta a pianta
centrale, addossata e in parte scavata nello scoglio e incastonata
in una pittoresca forra rocciosa. |
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