LE ROCCHE NEL PESARESE Parte Prima


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FORTEZZA DELL'ALBORNOZ A URBINO
 
 

La mole fortificata, che domina la città dall'alto del cosiddetto Pian del Monte, fu realizzata nella seconda metà del XIV secolo per volontà del cardinale Egidio Alvares de Albornoz, cui si deve la riorganizzazione dei territori marchigiani appartenenti allo stato della Chiesa. Questi aveva infatti giudicato inadeguato il vecchio fortilizio feltresco che sorgeva in prossimità. Messa a dura prova nel corso dell'assedio capeggiato da Antonio da Montefeltro - che tornava a Urbino nel 1375, forte della rivolta popolare che gli aveva riconsegnato la città- subì diverse distruzioni e ricostruzioni nel corso del secoli. Queste ne hanno variamente trasformato la struttura edilizia, che oggi si caratterizza per un impianto rettangolare munito di cortine scarpate continue, torri semicircolari e bastioni.

 

All'inizio del Cinquecento, per opera dell'architetto urbinate Giovanni Battista Comandino, al servizio del duca Guidubaldo I e successivamente di Francesco Maria II della Rovere, la rocca fu raccordata alla nuova cinta di mura bastionate della città, di cui venne a costituire l'avamposto nord-settentrionale. Alcuni rifacimenti risalgono infine al 1799, epoca dell'occupazione francese.

 

ROCCA DI CAGLI

 

Tra le opere di fortificazione realizzate da Francesco di Giorgio Martini nelle Marche, la rocca di Cagli costituisce un episodio progettuale di grande rilievo, sia per la complessità dell'intervento, che per la qualità formale raggiunta. L'imponente fortezza, edificata con ogni probabilità nella prima metà degli anni Ottanta del XV secolo per Giovanni Della Rovere, venne originariamente concepita come un sistema difensivo dai caratteri innovativi, contrassegnato da due poli, la rocca vera e propria che domina la città dall'alto del colle dei Cappuccini e un torrione sottostante, fra loro raccordati da un lungo cunicolo sotterraneo. La rocca superiore presentava un assetto planimetrico di forma romboidale con torri circolari lungo il perimetro e un alto mastio.

 

 

Gran parte dell'edificio venne raso al suolo nel corso della guerra tra Guidubaldo da Montefeltro e Cesare Borgia (1502) e di esso sopravvivono scarse tracce materiali, tra cui i ruderi dell'affilato puntone affiancato da elementi cilindrici. E' viceversa giunto fino a noi in ottime condizioni di conservazione il torrione martiniano di forma ellissoidale, anticamente allacciato alle mura urbane, che è stato recentemente restaurato e destinato a funzioni museali. La struttura riflette quell'attitudine allo sperimentalismo formale propria dell'architetto senese e si configura come uno degli episodi più interessanti della sua lunga attività progettuale. Alcuni degli elementi ricorrenti del repertorio linguistico di Francesco di Giorgio sono ancor oggi ben visibili, come le lisce cornici in pietra e i beccatelli laterizi allungati. Il torrione si eleva su cinque piani raccordati da una scala semicircolare che raggiunge un ampio ballatoio in sommità. Nel corso dei recenti lavori di restauro anche l'antico fossato è stato restituito in buona parte alla sua antica configurazione.

 
ROCCA DI FOSSOMBRONE
 
 

Situata alla sommità del colle di Sant'Aldebrando, entro il recinto della "cittadella" che domina l'abitato, la Rocca di Fossombrone costituiva uno dei caposaldi del sistema fortificatorio del ducato di Urbino, a controllo della media valle del Metauro e della via Flaminia. L'impianto planimetrico, costituito da un recinto quadrilatero con torrioni angolari, si deve ai Malatesti che nella seconda metà del XIV secolo ampliarono e trasformarono un precedente fortilizio duecentesco. A partire dal 1444, quando il feudo fu acquistato da Federico da Montefeltro, la rocca assunse l'assetto definitivo, adeguandosi alle esigenze militari e alle nuove tecniche difensive conseguenti all'uso delle armi da fuoco. Agli interventi federiciani risalgono, in particolare, la trasformazione del torrione sud-occidentale in baluardetto con alto saliente (1447), nonchè l'introduzione di un possente rivellino dal profilo carenato al centro del lato meridionale (1470 ca).

 

Per la conformazione di questo elemento, che corrisponde al caput degli schemi antropomorfici delineati nei Trattati di Francesco di Giorgio Martini, sembra oggi plausibile l'ipotesi di un diretto intervento del celebre architetto senese. Smantellata nel 1502, in seguito alla guerra contro il Valentino, la rocca cadde in rovina e tra le sue mura venne successivamente eretta la chiesetta di S. Aldebrando. Scavi recenti hanno liberato gli ambienti interni del rivellino, articolati su due piani e attrezzati con postazioni di tiro.

 

ROCCA DI FRONTONE

 

Posta a difesa del versante appenninico, ai confini meridionali dello stato di Urbino, si distingue per la singolare conformazione a vascello dotata di un puntone in luogo di prua. L'aspetto attuale è il risultato delle trasformazioni e dei diversi passaggi di proprietà che si sono succeduti a partire dal secolo XI, epoca cui risalgono le prime strutture fortificate. I Montefeltro entrarono infatti in possesso del feudo di Frontone verso la metà del XV secolo, subentrando al lungo dominio della famiglia Gabrielli di Gubbio e ad una breve parentesi malatestiana. Ai Malatesti vanno riferiti l'ampliamento del primo fortilizio e la creazione di alcuni ambienti d'abitazione, mentre all'età dei Montefeltro risale il puntone triangolare che funge da testata sul lato settentrionale. Per le sue corrispondenze con la fortezza di San Leo è stata avanzata, anche in questo caso, un'attribuzione a Francesco di Giorgio Martini che non ha però trovato conferma nelle indagini critiche più recenti.

 

 

Nei secoli seguenti la rocca passò ai Della Rovere e successivamente ai Della Porta che vi operarono sensibili trasformazioni, accentuando il carattere residenziale del complesso.

 
TORRIONE DI SAN COSTANZO
 
 

La posizione strategica del centro di San Costanzo, cresciuto lungo la strada di crinale che unisce Mondavio e Orciano a Mondolfo, ne segnò i caratteri dello sviluppo e i destini di centro fortificato. Una prima campagna di lavori tesi al potenziamento delle strutture difensive risale alla prima metà del XV secolo, quando i Malatesti avviarono, a spese della città di Fano, un rinforzo del circuito murario e la costruzione dell'alta torre (1429) che successivamente sarebbe stata trasformata nell'odierno campanile (1859). Dopo la sconfitta di Sigismondo Pandolfo al Cesano (1462), il centro passò ad Antonio Piccolomini, nipote di papa Pio II e quindi a Giovanni Della Rovere, che intervenne a più riprese sulle fortificazioni (1474-1501). Negli anni di dominio del signore di Senigallia vennero realizzati diversi interventi alle mura del centro, fra cui l'erezione di un torrione simile ai masti di Mondavio e Mondolfo, su cui poi si sarebbe innestato il possente volume dell'odierno Teatro Comunale. Il recinto murario di San Costanzo presenta anche altri elementi monumentali di un certo interesse, tra cui la bella porta affiancata da due massicci torrioni cilindrici coronati da lunghi beccatelli e una torre angolare dalla particolare scala interna semicircolare. Non si può escludere che, nell'ambito della progettazione delle opere di fortificazione realizzate per Giovanni Della Rovere a San Costanzo siano stati coinvolti Francesco di Giorgio e Baccio Pontelli, all'epoca attivi in altri centri dello stato roveresco.

 

ROCCA FREGOSO A SANT'AGATA FELTRIA

 

Importante postazione militare ai confini settentrionali del Ducato di Urbino, la rocca domina la valle del Marecchia dall'alto dello strapiombo naturale del Sasso del Lupo, uno dei tanti massicci calcarei che caratterizzano il paesaggio del Montefeltro. La fortezza risale al X secolo, quando il conte Raniero Cavalca di Bertinoro costruì un primo fortilizio, ma fu completamente ricostruita nel XV secolo per iniziativa di Federico da Montefeltro, per poi passare in dote alla famiglia genovese dei Fregoso. Alcuni motivi dell'architettura fortificata, come le alte cortine compatte dalla scarpa pronunciata, rimanda all'esperienza dell'ingegnere militare Francesco di Giorgio Martini, cui viene tradizionalmente attribuita pur in assenza di conferme documentarie. Analogie con le roccaforti martiniane presentano in particolare il torricino poligonale a controllo dell'accesso, nonchè la sagoma di un puntone sul lato sud-orientale, riportata alla luce dagli scavi più recenti. All'epoca della guerra contro il Valentino fu rifugio di Guidubaldo I, scampando in questo modo alla demolizione imposta alle fortificazioni del ducato. Parzialmente rimaneggiata nei secoli successivi, ospita oggi un museo di arti decorative.

 

 
 
CASTELLO BRANCALEONI DI PIOBBICO
 

 

In suggestiva posizione, alle pendici del Monte Nerone, il borgo castellano di Piobbico fu a lungo feudo dei Brancaleoni, potente famiglia signorile che estese il proprio dominio a tutta la Massa Trabaria, prima di confluire nell'orbita dei Montefeltro (XV secolo). Il castello, che si erge sullo sperone roccioso, dominando il sottostante Borghetto, deriva dalla trasformazione di un primitivo fortilizio duecentesco di cui restano tracce visibili nel portale d'accesso e nelle strutture murarie dell'ala nord-orientale. Rimaneggiato nel XIV secolo, fu radicalmente trasformato nella seconda metà del Cinquecento, assumendo l'aspetto di elegante dimora signorile che tuttora conserva. Per questa campagna di lavori è stato avanzato, pur con molte incertezze, il nome di Bartolomeo Genga, succeduto al padre Girolamo in qualità di sovrintendente alle costruzioni ducali. La decorazione a stucco degli ambienti interni, ivi compresa quella della cappella ottagonale, è riferita all'ultimo periodo di attività di Federico Brandani, mentre il ciclo di affreschi si deve a Giustino Salvolini, detto l'Episcopi, e a Felice Damiani. Ai piedi del castello, il Borghetto di Piobbico mantiene il proprio carattere di castrum fortificato, tuttora circoscritto tra le due porte urbiche. E' invece andato perduto l'antico ponte a schiena d'asino che collegava il borgo con il quartiere commerciale (il Mercatale) sorto sulla riva opposta del fiume.

 

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