Il Patè? Qui si chiama Ciauscolo

   
   

Un altro "gioiello di famiglia" della norcineria marchigiana è sicuramente rappresentato dal ciauscolo, detto anche ciavuscolo o ciabuscolo. La caratteristica che rende questo prodotto immediatamente riconoscibile dagli altri salumi è senza dubbio la sua spalmabilità. In molti lo paragonano, per questo, proprio ad un paté; un paté straordinariamente gustoso ma anche di un'insospettabile freschezza in quanto il ciauscolo richiede una stagionatura molto più breve rispetto agli altri salumi. È pertanto il primo prodotto della "pista" ad essere consumato e di conseguenza il primo a terminare. Per gustarne appieno le caratteristiche, questo prodotto va infatti consumato nei pri-missimi mesi dell'anno. Tradizione vuole che, per la colazione della mattina di Pasqua, si affetti il primo salame lardellato da gustare insieme alla tradizionale Pizza di Pasqua al formaggio. Confini temporali quindi, ma anche confini geografici per questo prodotto che trova la maggior diffusione nella provincia di Macerata ed è presente nella parte meridionale della provincia di Ancona e in alcune zone del fermano e dell'ascolano, soprattutto nel comprensorio dei Monti Sibillini. 

 

Nell'anconetano, il ciauscolo si presenta leggermente  più  magro  e  meno  spalmabile  fino ad evolvere nel salame di soprassato detto anche comunemente soppressato, che si fa stagionare generalmente da uno a tre mesi. Ma, a caratterizzare la provincia di Ancona, sono soprattutto i salami lardellati tra cui spiccano celeberrimo Salame di Fabriano che tratteremo a parte, e il rarissimo Salame di Frattula, prodotto con le carni dei suini allevati con metodi tradizionali sulle colline che separano il Cesano dal Nevola. il salame lardellato, stagionato non meno di 2-3 mesi, è diffuso anche in provincia di Ascoli Piceno dove, nelle zone dove non si produce il ciauscolo, si consuma abbondantemente la salsiccia. Quest'ultima è ottima sia fresca, magari accompagnata con una bruschetta condita con un po' di sale e olio extravergine di oliva locale, oppure essiccata o, ancora, conservata sott'olio. La salsiccia è presente, oltre che nell'ascolano, anche in altre zone del territorio regionale, mentre, caratteristica di questa provincia, con qualche sconfinamento nel maceratese, è la salsiccia di fegato.

Ma torniamo al nostro paté, pardon ciauscolo. Singolare anche nel nome, che sembrerebbe essere un diminutivo latino di "cibo". Alcuni termini dialettali con i quali si usava designare tradizionalmente questo prodotto, quali "ciabusco", "ci-vuscolo" o "cibbusco", sarebbero infatti la corruzione del latino "cibusculum", ovvero piccolo cibo. Un insaccato, quindi, da consumare al di fuori dai pasti principali, per uno spuntino o una merenda, l'ideale per gli allevatori itineranti o transumanti un tempo molto numerosi nelle Marche. Il cronista ottocentesco Francesco Procaccini, nel suo diario manoscritto "Miscellanea veritas" ci tramanda con incredibile minuziosità una serie di informazioni sugli usi e costumi locali, tra cui i prezzi di vendita dei generi commestibili commercializzati sulla piazza di Montenovo (oggi Ostra Vetere) nel periodo che va dal 1815 al 1840.

 

Troviamo quindi, in questo periodo, i prezzi dei ciauscoli, indicati indifferentemente come Ciabuscoli (con la doppia "c" iniziale) o come cia-buschi. Ciabuschi è, tra l'altro, un cognome relativamente diffuso nell'area esino-fabrianese, a testimonianza della presenza storica del ciauscolo anche in questa zona, che rappresenta l'estremo confine settentrionale della sua produzione. Un'altra testimonianza, consistente in una ricevuta rilasciata da un "pistarolo" o "mazzarino" al Conte Pietro Bonarelli nel 1801, disponibile presso l'archivio storico di famiglia a Sappanico di Ancona, dimostra la presenza del prodotto anche a pochi chilometri dalla costa. Ma i risultati migliori si hanno nelle zone montane e collinari dove la combinazione di basse temperature e di tassi di umidità non troppo elevati consente di prolungare il periodo di produzione di questo prodotto che, più di altri, risente della stagionalità.

Ma il clima, da solo, non basta; per fare un buon ciauscolo, bisogna innanzitutto fare attenzione alla scelta delle carni, che devono essere di prima qualità e devono derivare dalla spalla, dalla pancetta, dal prosciutto e dal lombo, con aggiunta di lardo e di carni provenienti da altri tagli minori. Grande importanza riveste quindi il grasso che deve essere sempre sodo e bianco. Va pertanto prestata un'attenzione particolare all'alimentazione del maiale, che deve essere il più possibile tradizionale e non contenere mangimi che possano conferire odori sgradevoli al grasso o alterarne il colore o, ancora, abbassarne il punto di fusione. Le carni vanno macinate più volte poiché l'impasto dev'essere molto fine. Si aggiungono quindi, oltre al sale e al pepe, anche aglio e vino bianco. L'insaccatura si effettua tradizionalmente in budello naturale, precedentemente dissalato, disinfettato e aromatizzato, con legature alle estremità (è stato riscontato anche il ricorso a più legature).

 La pezzatura media del ciauscolo va da mezzo chilo ad un chilo e la lunghezza si aggira intorno ai 30 centimetri. Il prodotto insaccato, una volta asciugato, viene sottoposto ad una breve stagionatura, comunque non inferiore a 15 giorni, in locali con temperatura compresa tra 10° e 16°. In alcuni casi si effettua anche l'affumicatura in apposite vasche. Il ciauscolo è uno dei prodotti per i quali è stata richiesta la registrazione comunitaria come IGP nell'intento di tutelare e promuovere uno dei prodotti che meglio rappresenta la tradizione rurale marchigiana.

 

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