Dal Montefeltro un poker di bontà

   
   

 

Dal Nord delle Marche, dalla terra dei Montefeltro, ci giungono altri quattro formaggi che meritano, per la loro specificità, una menzione a parte. Il primo è la caciotta, un formaggio prodotto anche in altre zone della Regione ma che qui rappresenta il prodotto principe del settore lattiero-caseario. Basti pensare che, nella zona, viene prodotto anche l'unico formaggio DOP delle Marche: la "Casciotta d'Urbino". Come per il pecorino, possiamo tranquillamente affermare che non esiste un solo tipo di caciotta in quanto variano i tipi di latte utilizzato (è costante la presenza del latte vaccino mentre quello ovino e il caprino possono essere aggiunti in proporzioni variabili), la durata della stagionatura (varia in genere da due a sei mesi ma le eccezioni sono molto frequenti), nonché i "locali" utilizzati (anche per la caciotta la fantasia non manca in quanto si passa con disinvoltura dalle botti, alle bigonce, ai cassettoni di legno, per arrivare fino ai mastelli ed alle anfore di terracotta). Come per il pecorino, inoltre, è diffusa l'usanza di avvolgere forme in foglie di noce. Gli altri tre formaggi sono, invece, dal punto di vista meramente economico, residuali rispetto alla caciotta e anche la zona di produzione è molto più circoscritta.

 

Si tratta dello slattato, del raviggiolo e del casecc. Lo slattato è un formaggio freschissimo, fatto esclusivamente con latte vaccino che viene lavorato appena munto, aspettando giusto il tempo di farlo raffreddare di qualche grado. Aggiunto il caglio, la coagulazione avviene in 30-40 minuti. Si rompe quindi la cagliata in grumi finissimi e si lascia addensare la massa con il calore delle mani per poi metterla nelle forme, dove sarà pressata per circa 10 minuti. Dopo un paio di giorni di salatura a secco, si toglie il sale in eccesso e si passano le forme nel siero a 95 gradi lisciando bene la superficie. Lo slattato matura in soli sette giorni e non subisce alcuna stagionatura. Si presenta in forme tondeggianti e afflosciate di peso variabile da meno di mezzo chilo fino a quasi due chili. La crosta è morbida, color panna, la pasta omogenea e molle di colore bianco, il sapore dolce e un po' acidulo. Come molti altri prodotti tradizionali, è legato alla stagionalità e pertanto si produce nel periodo che va da ottobre a marzo. La classica presentazione dello slattato vuole che le forme vengano avvolte in foglie di fico o di cavolo. Un altro formaggio che si consuma fresco è il raviggiolo che si produce in una zona molto circoscritta, comprendente i comuni di Casteldelci, Sant'Agata Feltria e San Leo, nel periodo che va da ottobre ad aprile.

 

Questo formaggio, che si produce indifferentemente con latte vaccino o ovicaprino, si presenta di forma variabile, vagamente rotonda. La crosta è assente mentre la pasta, morbida e tenerissima, di colore bianco latte, ha un sapore gradevolmente dolce e delicato. La lavorazione è rapidissima. Il latte appena munto si lascia appena raffreddare di qualche grado, dopodiché si fa cagliare. Caratteristica del raviggiolo è che la cagliata non si rompe ma si preleva, in piccole quantità, con un mestolo e si fa scolare su apposite stuoie o, più semplicemente, su foglie di felce, di fico o di cavolo. Non si effettua nessuna stagionatura e anche la salatura può esser omessa a seconda del grado di dolcezza che si preferisce. Riccardo Di Corate afferma che questo formaggio, nei secoli scorsi, era considerato una prelibatezza, specialmente quello fatto con il latte di capra. Esso non mancava mai nelle tavole imbandite e nei banchetti. La testimonianza della sua notorietà ci è data anche dal proverbio "Chi non è Marzolino sarà Raviggiolo" che indica la fatalità del destino. Il casecc, infine, tipico di San Leo e delle zone circostanti. Prodotto anch'esso nel periodo autunnale e invernale, si ottiene dalla lavorazione del latte vaccino o ovino o anche misto. Per preparare il casecc, la cagliata viene ridotta in grumi della dimensione di un chicco di riso.

 

 

Posta la massa nelle fascere, si effettua la salatura a secco, che può durare fino a due giorni, per passare, poi, alla fase di maturazione che dura per altri dieci giorni circa. Ma ciò che rende unico questo formaggio è ciò che avviene dopo. Le forme vengono infatti prima messe per otto giorni sopra delle foglie di noce, poi conservate in caratteri-stici orci di terracotta che nella zona vengono chiamati "avthèin". Solo al termine della stagionatura, che può durare anche un anno, il formaggio potrà finalmente chiamarsi casecc. È un formaggio che può avere diversi formati in quanto le forme hanno un'altezza variabile tra 4 e 8 centimetri, diametro di 14-22 e un peso che va da 7 etti fino a 2 chili. La crosta esterna è giallo paglierina, liscia e traslucida, mentre la pasta è compatta e priva di occhiature. Il sapore, deciso e pastoso con gradevoli note aromatiche, lo rende particolarmente apprezzato nella preparazione dell'impasto dei cappelletti natalizi. Altrimenti, si usa grattugiato per insaporire primi piatti a base di pasta fatta in casa.

 

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