ARQUATA DEL TRONTO


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Arquata del Tronto è l’unico comune d’Europa compreso tra due parchi nazionali, quello dei Monti Sibillini e quello del Gran Sasso e Monti della Laga. Gli impianti sciistici delle Forche Canapine (m.1541) si trovano a ridosso del confine tra Marche e Umbria.
Eccezionale il valore ambientale della località Forca di Presta che sorge a 1.550 m s.l.m. ai piedi del Monte Vettore e che divide il confine marchigiano da quello umbro. Nella stagione invernale lo scialpinismo e lo sci di fondo sono sport praticabili grazie ai 25 km di piste e ai moderni impianti di risalita.
Ad Arquata del Tronto si consiglia la visita alla Rocca medievale e all’Oratorio della Madonna del Sole, nella frazione Capodacqua, attribuito a Cola dell’Amatrice.
Presso la Chiesa di San Francesco è conservata la Sindone di Arquata, un estratto dall’originale della Sacra Sindone.
La posizione geografica elevata consente di scoprire un ampio panorama dalle più alte cime dei Sibillini al Pian Grande di Castelluccio, un altopiano situato a circa 1300 metri, dove è peraltro possibile praticare lo sci di fondo nella stagione invernale e che è scenario di una spettacolare fioritura tra la fine di maggio e i primi giorni di luglio, in base agli andamenti climatici.

 

Durante la stagione estiva è possibile praticare il volo libero in deltaplano, parapendio e paramotore.
L’altitudine e il basso inquinamento luminoso richiamano gli appassionati astrofili e astrografi. È inoltre meta di chi ama il trekking, l'alpinismo, le passeggiate a cavallo, la canoa, il rafting, le arrampicate, gli itinerari in mountain bike, l'escursionismo. A tal proposito si ricorda l’itinerario del Grande Anello dei Sibillini, un percorso escursionistico di 120 km completamente segnalato che permette di scoprire l'intera catena montuosa. Un sentiero adatto a tutti è il n. 6 che conduce ad una piattaforma mozzafiato sui Monti della Laga e sulla antica Via Salaria.
Dalla chiesa parrocchiale Sant'Agata di Spelonga proviene il Drappo di Lepanto; secondo la tradizione, infatti, alla battaglia di Lepanto (1571) parteciparono anche un centinaio di spelongani e si narra che si impossessarono di un vessillo sventolante su una nave turca che riportarono in patria come straordinario cimelio di partecipazione e di vittoria.

 

La rocca di Arquata del Tronto

   
     

 

La Rocca di Arquata del Tronto è una fortezza medioevale eretta come caposaldo preposto al controllo del territorio, con funzioni tattiche e difensive. La possente struttura si eleva sulla rupe della zona a nord del centro urbano di Arquata del Tronto, sede dell'omonimo comune della regione Marche, nel territorio della provincia di Ascoli Piceno.
Tipico esempio di architettura militare dell'Appennino umbro marchigiano del XIII secolo, dall'aspetto compatto, isolata ed austera, è circondata da un verde parco solcato da sentieri e viottoli. La rocca è stata classificata come Monumento nazionale d'Italia dal 1902.
La fortificazione è stata edificata nell'area prossima al confine tra le regioni Marche, Umbria, Lazio e Abruzzo. Eleva le sue solide e robuste costruzioni turrite a sud del monte Vettore, in posizione dominante rispetto al nucleo abitato del paese, posto tra il corso del fiume Tronto e il fosso di Camartina.

 

Vigila da secoli sul vasto panorama dell'alta valle del Tronto e su molte frazioni che rientrano nell'ambito di competenza dell'Amministrazione comunale; strategicamente sovrasta la Strada Consolare Salaria, spina dorsale del territorio e del collegamento con Roma, snodo stradale che conduce anche alla città dell'Aquila, dopo aver oltrepassato il centro di Amatrice; raggiunge l'Umbria e si addentra anche verso alcune zone dell'entroterra marchigiano; osserva importanti vie d'accesso che conducono al passo del Galluccio, percorsi che attraversano il paese di Montegallo; la strada che, superando i paesi di Capodacqua, Forca Canapine ed il passo di San Pellegrino, porta alla cittadina di Norcia; un sistema sentieristico che da Piedilama giunge a Comunanza, Petritoli ed arriva a Fermo; infine, controlla un lungo tratto dell'alveo del fiume Tronto, corso d'acqua che separa la catena dei Sibillini dai monti della Laga.

 
   

Chiesa di San Francesco

     

In pochi sanno che nella chiesa di San Francesco, di questa remota località appenninica si trova una copia della Sacra Sindone custodita a Torino. Si tratta di una fedele riproduzione del sacro lino che reca il dipinto della stessa immagine dell'uomo sindonico, flagellato e crocifisso. Il telo si compone di un unico panno tessuto in filo di lino lavorato con trama e ordito perpendicolari. Il lenzuolo, di forma rettangolare (440 cm in lunghezza e 114 cm in altezza), mostra al centro, nello spazio tra le impronte del viso e della nuca, la scritta in stampatello «EXTRACTVM AB ORIGINALI» (estratto dall'originale). La sindone di Arquata fu rinvenuta nel corso di lavori di conservazione e restauro della chiesa dedicata a san Francesco, eseguiti nel XVII secolo. Il telo si trovava piegato e racchiuso in un'urna dorata, nascosta dentro la nicchia di un altare. Esiste una pergamena datata 1º maggio 1655, redatta ad Alba, firmata da Guglielmo Sanzia, cancelliere vescovile e notaio, e Paolo Brizio, vescovo e conte della città piemontese (1642 - 1665), che ne costituisce il certificato di autenticazione.

 

 

La Sindone di Arquata

   
     

 

Nel documento vi è scritto che nello stesso anno su petizione del vescovo Massimo Bucciarelli, segretario del cardinale Federico Borromeo, alla presenza di una commissione incaricata, nella piazza di Castelgrande di Torino, un lenzuolo di lino di egual misura è stato fatto combaciare con la Sindone. La reliquia è considerata un prezioso oggetto di venerazione per tutti i credenti arquatani, poiché la sua sacralità è stata ricavata dal contatto diretto con il telo funebre che ha avvolto il corpo di Cristo.
Sulle motivazioni che hanno spinto a eseguire la copia della sacra Sindone, la teoria più fondata sarebbe quella secondo la quale ci si volesse tutelare da possibili incidenti che potessero occorrere all'originale che, oltretutto, non era in possesso della Chiesa ma di Casa Savoia.

 

L'aver posto la copia in un luogo così remoto dello Stato Pontificio conforta la tesi che questa volesse essere una sorta di "copia di sicurezza". Qui i francescani l'hanno custodita gelosamente per secoli, limitando le ostensioni e utilizzandola per le processioni solo in casi eccezionali; l'ultima volta fu in occasione della seconda guerra mondiale. Anche la copia della Sindone d'Arquata, come le altre esistenti, è stata messa di nuovo a contatto con il Sacro Lino torinese. L'ultimo accostamento dei due teli è avvenuto nell'anno 1931 in occasione dell'ostensione della Sindone. Questi contatti hanno lo scopo di rafforzare i poteri sacri delle copie che, secondo la credenza popolare, si trasmettono alle riproduzioni al momento della loro creazione. La reliquia, in perfetto stato di conservazione, è stata protetta in una teca su iniziativa della locale Amministrazione comunale per preservarla da atti vandalici o da possibili furti e si trova permanentemente esposta in chiesa.

 

Nel gennaio 2015 sono stati pubblicati i risultati di uno studio multidisciplinare sulla Sindone di Arquata, condotto dall'Unità Tecnica Sviluppo di Applicazioni delle Radiazioni del Centro Ricerche Frascati dell'ENEA, congiuntamente al CNR, all'Accademia di belle arti di Roma e al Dipartimento di Ingegneria Elettronica dell'Università degli studi di Tor Vergata (Roma).
Dopo gli eventi sismici che hanno interessato l'Italia centrale, la chiesa di San Francesco è risultata inagibile ed il telo della Sindone di Arquata, recuperato tra le macerie, è stato spostato ed esposto all'interno della cattedrale di Sant'Emidio.

 

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