ABBADIA DI FIASTRA


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L'abbadia di Fiastra sorge nella bassa Valle del Fiastra (da cui il nome) in prossimità dell'omonimo fiume, nel territorio dei comuni di Tolentino e Urbisaglia e rappresenta il più importante edificio monastico delle Marche. Di uno stile di transizione dal romanico al gotico rispecchia in pieno l'influsso cistercense di sapore lombardo.

 

 
FONDAZIONE E SVILUPPO
 

Già nel 971 sembra sorgesse sul luogo una chiesetta. Il vasto territorio, compreso tra il fiume Chienti e il Fiastra, fu donato nel 1142 dal signore del luogo, il duca di Spoleto Guarniero II, all'abate Bruno, guida dei monaci cistercensi, e ad un gruppo di dodici monaci, per lo più francesi e provenienti dall'Abbazia di Chiaravalle di Milano, affinché vi edificassero un complesso abbaziale. Già alla fine dello stesso anno arrivarono i monaci che subito iniziarono la costruzione dell'Abbazia, impiegando materiale proveniente dai resti della vicina città romana di Urbs Salvia, distrutta dai Visigoti di Alarico nel 408-409, e allo stesso tempo iniziarono una lunga opera di bonifica del boscoso territorio, allora paludoso e infestato da belve feroci.
Naturalmente il luogo doveva essere ricco di acqua, necessaria non solo alla vita e all'igiene dei monaci, ma anche alle loro attività produttive: l'acqua serviva per muovere le ruote dei mulini e delle macchine, e per irrigare i terreni.
La valle del Fiastra appariva appunto solitaria e paludosa, perciò i monaci con grande spirito di sacrificio e con i pochi mezzi di cui disponevano cominciarono a bonificare e a coltivare le terre, ad arginare il fiume e naturalmente a costruire la nuova chiesa, dedicata alla Madonna Annunziata. Avendo difficoltà a trovare materiale edilizio, lo trassero dalle vicine rovine della città romana di Urbs Salvia. I lavori di costruzione furono diretti da architetti francesi, che seguirono il modello dell'architettura romanico-borgognona, e durarono circa cinquant'anni. Una volta ultimata, l'abbazia ebbe rapido sviluppo, divenendo una delle più importanti delle Marche, a sua volta "madre" di altre abbazie, come è testimoniato dalle 3194 pergamene, conosciute come carte fiastrensi.

 
 

Dopo una successiva donazione i monaci si trasferirono nella valle del Fiastra, dove fondarono una nuova Chiaravalle. Il luogo appariva idoneo alle loro esigenze, poiché essi cercavano la solitudine, per isolarsi dagli uomini e dal mondo e dedicarsi ad una vita di preghiera e di lavoro (ora et labora).I monaci preferivano insediarsi in valli malsane e palustri o ricoperte di foreste per poterle trasformare in campagne fertili e produttive. I monaci cistercensi organizzarono il territorio agricolo dell'abbazia in sei grange (aziende agricole cistercensi), e grazie alla loro abilità organizzativa, agricola e artigianale, insieme a quella dei fratelli conversi, le grange diventano veri e propri centri economici, fiorenti ed autonomi. Oltre al consenso spirituale sempre crescente dei fedeli, il monastero acquisisce e consolida notevoli ricchezze e potere.

 

In breve tempo, infatti, l'abbazia divenne così potente da irradiarsi attraverso le sue sei fattorie in un vasto territorio e così allargando sempre più la propria giurisdizione. Nel XIII secolo l'abbazia giunge all'apice del successo, con la presenza di circa 200 monaci. Arrivando a controllare fino a 33 tra chiese e monasteri e occupando ormai gran parte del territorio maceretese fino ad arrivare a Numana; i cistercensi di Fiastra fanno la loro comparsa sui mercati locali iniziando a primeggiare anche in altre attività come quella marittima, mercantile, creditizia e culturale, legata quest'ultima alla vita dello Scriptorium. La sua storia è testimoniata e documentata delle 3194 pergamene delle "Carte Fiastrensi", conservate presso l'Archivio di Stato di Roma.

 
IL DECLINO
 

Dal XIV al XV secolo il monastero si avvia verso un lento ma inesorabile declino, causato da una serie di eventi disastrosi quali il saccheggio della Società di S. Giorgio di Giovanni Acuto del 1381, ed il successivo e ben più devastante del 1422 per mano di Braccio da Montone e delle sue truppe, che abbatté la copertura a volte della chiesa, la torre nolare, ed uccise numerosi religiosi. Nel 1456 l'abbazia viene sottoposta al regime commendatario di Rodrigo Borgia (futuro Alessandro VI), per giungere al collasso definitivo sotto la guida alquanto dubbia dell'ultimo abate commendatario, il cardinale Sforza. Nel 1581, il papa, cede il monastero e tutti i suoi possedimenti al Collegio Romano della Compagnia di Gesù. Nel 1613 Fiastra entra a far parte della Congregazione Cistercense Romana e, dietro disposizione di Papa Urbano VIII, furono invitati a Roma i pochi cistercensi rimasti nell'abbazia.

 

 

Nel 1773 la Compagnia di Gesù venne soppressa ed il monastero con tutti i suoi beni, fu ceduto in enfiteusi perpetua ai marchesi Bandini di Camerino. Dopo la morte del Duca Sigismondo Giustiniani-Bandini, avvenuta nel 1918, l'abbazia e tutto ciò che le appartiene passa in eredità alla Fondazione Giustiniani-Bandini, che il 18 giugno 1984, con la Regione Marche, ha istituito la Riserva naturale dell'Abbadia di Fiastra. La riserva viene riconosciuta dallo Stato Italiano il 10 dicembre 1985 e nel febbraio del 1987 è posta anche sotto l'egida del WWF Italia.

 
IL RITORNO DEI MONACI
 

 

Come ricorda una lapide all'interno della chiesa abbaziale, i Monaci Cistercensi sono ritornati all'Abbazia di Chiaravalle di Fiastra, sempre dall'Abbazia di Chiaravalle di Milano, il 21 marzo 1985. La comunità cistercense occupa una parte dell'antico monastero e come una volta vive in osservanza della Regola di San Benedetto. La comunità cistercense ha lasciato l'Abbazia nel giugno del 2018 per fare ritorno alla casa madre di Milano.

 
LA STRUTTURA
 

La struttura del monastero vuol raffigurare simbolicamente la Gerusalemme Celeste, "città quadrata e misurata", così come il libro dell'Apocalisse di Giovanni' la descrive. Gli ambienti si distribuiscono intorno al chiostro per rispondere ad un'esigenza funzionale e simbolica. La chiesa si trova a nord, in direzione della Stella Polare, centro e perno della volta celeste: unica stella non sottoposta a movimento, simbolo di Dio eterno e immutabile. La chiesa come la sala capitolare è rivolta verso oriente, il punto dove sorge la luce, simbolo di Cristo risorto. Per questo nella sala capitolare il seggio dell'abate è posto ad oriente, perché la sua parola sia come luce nel cuore dei monaci. Il refettorio si trova a mezzogiorno: è il luogo dove i monaci si recano per nutrire il corpo con il cibo e lo spirito con la Parola di Dio, così come il Sole a mezzogiorno, nella sua massima potenza e luminosità, nutre e riscalda tutta la terra.
I dormitori sono collocati ad occidente, dove il sole tramonta per riposare e ritemprarsi. Il chiostro è un "chiuso universo" (hortus conclusus): un giardino quadrato, simbolo della verginità e purezza di Maria, grembo che accoglie la vita e la luce che è Cristo. Tale luce si diffonde nel porticato illuminando gli ambienti e i monaci stessi. L'alternanza di luminosità e oscurità riflette lo stato dell'anima del monaco: peccatore (ombra), amato da Cristo (luce), donato da sua Madre (orto) all'umanità.

 
 

 

 

 

Sala Capitolo

 

Il Chiostro

 

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