MATELICA Parte Prima


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Matelica è posta a 354 m s.l.m., nella vallata del fiume Esino, l'unica valle marchigiana che si sviluppa - almeno parzialmente - da nord a sud. Il territorio è in prevalenza collinare, con le montagne che la costeggiano ai lati della valle, tra cui il monte San Vicino.
L'origine del nome Matelica è oscura e si perde nelle nebbie del tempo: in tutto il mondo non esiste nessun altro luogo o città con questo nome, e rarissimi sono quelli che terminano con la stessa desinenza. Si attesta l'interessante assonanza con Mensa Matellica, frazione di Ravenna, sito noto per i rinvenimenti dell'età del Bronzo, ma l'origine del toponimo è legato al fatto che là nel Cinquecento ebbero delle proprietà i conti Ottoni di Matelica. Il nome potrebbe essere di origine celtica e significare paese dei prati, dal celtico matten, prato. Ancora più azzardata è una supposizione di origine greca, essendo i greci stabilitisi nella vicina Ancona: dal greco màthesis, studio, oppure, con più cognizione, metelis, luogo di delizie.

 
 
 

Se si considera l'antico nome dialettale Matelga, allora potrebbe essere interessante considerare la parola teleg, che in molte lingue antichissime, come quelle semitiche, significa neve, e dunque luogo coperto di neve. Si potrebbe far risalire l'origine al latino, alla forma mater liquoris, madre delle acque, anche se nessun fiume nasce nel suo territorio e, soprattutto, Plinio il Vecchio chiama la città Matilica Matilicatis, e dunque il nome le era già stato assegnato.
Recenti studi identificano l'origine del nome come la traduzione celtica Mati-lika, probabile traduzione del toponimo sudpiceno Kupra Vepets, buona lastra di pietra. Per ora l'unica certezza, tratta dal materiale lapideo disponibile, sta nel fatto che in latino il nome Matilica è un plurale neutro e pertanto si coniuga come Matilica, Matilicorum, lasciando intendere che verosimilmente doveva esserci un significato anche al singolare.

     

Piazza Enrico Mattei

   
 
DOPO LA SIGNORIA
 

Con Paolo V, nel 1618, Matelica fu affidata a un Governatore indipendente da quello della Marca, con piena giurisdizione, e per questo riconoscimento lo stemma di Paolo V Borghese fu innalzato sulle porte dei principali edifici pubblici. Si conservò l'antica divisione della città in quattro quartieri: Santa Maria, Campamante, Civita e Civitella. A capo d'ogni quartiere fu posto un Priore, facente parte di diritto del Consiglio generale. L'amministrazione della Città era retta da un Gonfaloniere e tre priori, eletti nel Consiglio generale. La popolazione accettò pacificamente il nuovo governo, nel quale vide un periodo di pace dopo secoli di lotte intestine. Nel 1692 la cittadinanza si riappacificò con i conti Ottoni, nominandoli cittadini onorari, e nel 1761 la città fu ricreata sede vescovile, retta con la stessa importanza insieme a Fabriano.

 
DAL REGNO D'ITALIA ALL'ETA' CONTEMPORANEA
 

La nuova situazione riportò il libero commercio e l'attività da industriale divenne agricola, impoverendo parecchio tutta la popolazione. Furono molti i matelicesi a partire durante la prima guerra mondiale, e la città subì, come tante altre, parecchi lutti. Nel corso della seconda guerra mondiale, Matelica ospitò un battaglione di soldati italiani, che, dopo l'armistizio, furono nascosti dagli abitanti e, assieme ai giovani del luogo e ad alcuni soldati stranieri, formarono la resistenza locale. La guida spirituale dei partigiani, Don Enrico Pocognoni, fu ucciso dai nazisti nel famoso Eccidio di Braccano il 24 marzo 1944. Dopo la guerra, grazie all'interessamento di Enrico Mattei, l'attività industriale riprese prepotentemente e, assieme a essa, la valorizzazione del Verdicchio, che ha portato Matelica in tutte le enoteche del mondo.

 
 

I frati Minori vi giunsero fin dal secolo XIII e tra di essi si distinse il beato Gentile da Matelica. Così ebbe origine l'edificio primitivo (1240-'60) in stile romanico, come si arguisce dal portale e dalla trifora, ora nascosta dietro l'attico. L'attuale prospetto, rimaneggiato e incompleto, risale alla prima metà del sec. XVIII, mentre la scalinata è del 1970. Nell'atrio del muro, a destra, c'è una piccola lapide, con figura in rilievo di un ecclesiastico in paramenti sacri e con le braccia allargate. La scritta sopra il capo (S: DOPI: LAPI) è interpretata: SIGNUM DOMINI LAPI (Sigillo del signor Lapi) e questo rappresenterebbe un abate dell'antico Monastero di Roti, nei pressi di Braccano. Giovanni Serodine, già negli anni 1623-1625, fu attivo nella decorazione pittorica e in stucco della cappella Mozzanti. Nell'interno, la navata, in leggero barocco (prima metà del Settecento), s'impone per affascinante grandiosità e per notevoli opere d'arte: confessionali in noce a colonnine tortili del Seicento, Viae Crucis, eseguite tra il 1740 e il 1750, medaglioni dei primi decenni dell'Ottocento, attribuiti al francescano padre Antonio Favini (1749-1843), una tela di Marco Palmezzano del 1502 (Madonna col Bambino sul trono). Sulle pareti del coro, interessanti frammenti di affreschi di scuola giottesco-marchigiana con Storie della vita di san Francesco.

     

Chiesa di San Francesco

   
 


Con la sua mole proporzionata ed elegante, domina la piazza Enrico Mattei, completandone l'armonia tra gli edifici che la contornano. Sorse nel 1690 con le offerte dei cittadini sull'area di una chiesa più antica dedicata a San Sebastiano, patrono della città. Fu consacrata nel 1715. A croce greca, nella sua misurata eleganza racchiude dei buoni quadri, tra cui il Crocifisso ed Anime Purganti di Salvator Rosa. Nella cappella a sinistra è collocata una statua di San Sebastiano,di fattura rinascimentale, datata 1585. In sagrestia vi sono due quadri con parti napoletane, databili alla fine del Seicento, e raffiguranti la Madonna con S. Francesco di Paola il primo e la Madonna e Santi il secondo, un tempo collocati sugli altari laterali della chiesa. Merita considerazione anche un'immagine della Madonna della Misericordia, posta su un antiestetico ornamento, un tempo oggetto di particolare devozione. L'organo, di modeste proporzioni, è opera del Fedeli.

 

     
   

Chiesa del Suffragio o delle Anime purganti

 
 

Risale al XIV secolo; la facciata si orna di un ricco portale romanico, inclinato in avanti, unico resto della primitiva costruzione. L'interno, rinnovato nel XVII secolo, è a pianta basilicale a tre navate su pilastri, sovrastato da cupoletta. Nel presbiterio, a destra, Noli me tangere, tela di Ercole Ramazzani; a sinistra, Cristo sotto il torchio, tela seicentesca d'ignoto, d'eccezionale iconografia. In fondo alla navata sinistra, Madonna col Bambino e santi, tela del Ramazzani, firmata e datata 1588; sull'altare del transetto sinistro, Estasi di San Francesco attribuita al Guercino; al terzo altare sinistro, Crocifisso ligneo intagliato del XV secolo.

 

   

Chiesa di Sant'Agostino

   
 

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