GRADARA Parte Prima


Testo e immagini: Wikipedia

www.comune.gradara.pu.it  •   www.turismo.marche.it    

 

 

Pagina seguente

 

A GRADARA CULTURA E' SINONIMO DI STORIA ED ARTE

 

 

A partire dalle prime testimonianze di insediamento in queste terre fino ad oggi, non è passato secolo che non abbia lasciato profonde tracce nella storia. Notevole è poi il patrimonio artistico racchiuso fra le sue mura che vanta opere di grande valore. A ciò si aggiunge un paesaggio magnifico, riconosciuto anche dalle istituzioni e per questo attentamente tutelato. Per questo motivo vi invitiamo a guardare le pagine di questo sito, nella speranza di incuriosirvi e magari invogliarvi a venire qui di persona, dove potrete immergervi in una atmosfera dal sapore antico. Gradara si erge come un'isola verde fra le dolci colline marchigiane a 142 metri sul livello del mare di cui si riesce a sentirne il profumo, carico di salsedine, essendo a soli 3 Km di distanza. E' un luogo fiabesco dal sapore antico, in cui leggenda e storia si abbracciano per raccontarci il tragico amore fra Paolo e Francesca, cantato da Dante, Petrarca, Boccaccio e D'Annunzio. Passeggiare fra le sue vie, specie di sera, per la rocca sapientemente illuminata e circondata da querce secolari, regala agli innamorati una cornice romantica unica, in cui amore, poesia e storia si fondono ad un magnifico paesaggio.

 
INTRODUZIONE STORICA
 
   

L'Orologio

   

 

Gradara, racconta attraverso le sue mura i secoli passati, ricchi di antiche gesta e passioni indimenticate. Invariabilmente la sua storia è ricca ed avvincente e vale la pena approfondirla. Certo che una sua trattazione esauriente rimane pressoché impossibile. Fra gli antichi abitatori di queste zone, solo i romani lasciarono indubbie tracce della loro presenza, e Gradara fu uno dei tanti pagus dell'agro pesarese. Il Pievato di Gradara che con l'avvento del cristianesimo aveva sostituito il pagus, era dedicato a Santa Sofia, ed è sicuramente anteriore al mille. La prima costruzione, una torre medioevale, il Mastio, risale al 1150 e con essa Piero e Rodolfo De Grillo resero Gradara indipendente dall'amministrazione pesarese. Il Mastio fu poi acquistato dai Malatesta che lo trasformarono in un Rocca inespugnabile, costruendoci attorno 700 metri di mura con 17 torri merlate e tre ponti levatoi. E' in questo scenario che si svolge la maggior parte della saga malatestiana: del patriarca Giovanni chiamato il Mastin Vecchio da Dante, del Guastastafamiglia cosiddetto per la sua mania di eliminare i suoi consanguinei, di Galeazzo l'inetto e del valente uomo d'armi Sigismondo Pandolfo che scontrandosi con il Papa decretò la fine della potenza militare. Nel 1464 la loro Signoria cedette a quella degli Sforza che lasciarono segno del loro passaggio con la Pala di Andrea della Robbia, con un magnifico loggiato e uno splendido scalone e con magnifici affreschi che troviamo anche nell'appartamento di Lucrezia Borgia che qui visse tre anni del suo matrimonio (1493) con Giovanni Sforza, prima che il padre, Papa Alessandro VI se la riprendesse per poter stringere altre alleanze. Per tre anni sugli spalti di Gradara sventolarono i vessilli di Cesare Borglia detto il Valentino fino a quando, alla morte del Papa, tornò Giovanni Sforza con Ginevra Tiepolo, sua terza moglie in dolce attesa dell'erede Costanzo che nacque nella Sala dei Putti, appositamente affrescata per l'evento. Purtroppo Costanzo morì prematuramente e così il padre e nel 1513 entra in scena Francesco Maria della Rovere, nipote di Papa Giulio II.

 

 

Nel 1631 la Rocca insieme a tutto il Ducato di Pesaro e Urbino, passa allo Stato Pontificio ed iniziano così gli anni della decadenza prima e dei saccheggi francesi poi, fino al terremoto del 1916. Nel 1920, L'Ingegner Umberto Zavettoni, innamoratosi di Gradara, destinò tutte le sue risorse ad un magnifico restauro durato tre anni. Alla sua morte fu la moglie Alberta Porta Natale a godersi la splendida residenza che divenne luogo eleganti feste e concerti di musica classica che richiamavano i nobili di tutta Europa. Nel 1983, alla morte la Sig.ra Alberta Porta Natale il castello passa allo Stato.

 
PAOLO E FRANCESCA
 
 

Moltissimo si è scritto in tutti i tempi su questo fatto. Quella di Paolo e Francesca è la storia di due innamorati, morti a causa della loro passione. È storia certa che Giovanni Malatesta, detto Giangiotto o Ciotto, descritto brutto e sciancato, primogenito di Malatesta I, sposò nel 1275 Francesca da Polenta, figlia di Guido Minore, Signore di Ravenna e di Cervia, di parte guelfa. Giangiotto, signore di Gradara, svolgerà poi la sua carica di Podestà nella vicina città di Pesaro. Per una disposizione dell'epoca, riportata da Brunetto Latini, era proibito al Podestà (per per maggior garanzia di equità doveva essere forestiero), di portarsi dietro la famiglia che poteva essere d'impiccio in caso di emergenza. Gradara, che la tradizione ha sempre indicato come luogo della tragedia, era appena mezz'ora di strada a cavallo da Pesaro, e poteva quindi essere la residenza idelale per Giangiotto per lasciarvi la moglie e la figlia Concordia. Il fratello di Giangiotto, Paolo, si fermava spesso per delle visite a Gradara presso cui aveva diversi possedimenti. Queste visite dovevano essere non solo gradite, ma addirittura sollecitate, data la lontananza continua di Giangiotto, impegnato per la sua carica. Accadde che Paolo e Fracesca si innamorarono ma, con il loro comportamento ("e come si possono nascondere i sentimenti?") destarono più di un sospetto. Purtroppo lo venne a sapere anche Giangiotto o dal fratello Malatestino dall'Occhio, quel traditor... come dirà Dante, o spiando all'orecchio di Dionisio di cui era forse dotata la Rocca di Gradara.

 

Dopo aver finto di partire, Giangiotto sorprese la moglie ed il fratello nella camera: Soli eravamo e senza alcun sospetto - confesserà Francesca stessa a Dante Alighieri nel V Canto dell'Inferno - ed il leggio, aggiungiamo noi, che sorreggeva il libro Galeotto era troppo vicino al letto. Giangiotto si avventò a spada tratta contro il fratello, ma Francesca gli si parò innanzi restando trafitta prima di Paolo. Finì così tragicamente il loro amore. Occorre dire subito che nei secoli che seguirono si cercò di giustificare il peccato di adulterio dei due cognati, dato che Francesca era stata precedentemente ingannata, essendole stato indicato Paolo e non il brutto Giangiotto come suo futuro sposo. In quale anno accadde la tragedia? Anche studi recenti, concordano con il 1289 rifacendosi a vecchie testimonianze. In quell'epoca i Malatesta erano banditi da Rimini e tali resteranno fino al 1290. Lo storico cinquecentesco Baldo Branchi, iniziando a raccontare l'episodio, scrive che: "In quel mese (Settembre del 1289) occorse nella casa dei Malatesta uno strano caso".

 

La stessa data sarà accettata dagli storici ravennati Vincenzo Carrari e Girolamo Rossi del XVI sec. e dall'altro grande riminese Cesare Clementini del secolo successivo. Inoltre le cronache narrano che il Papa Nicolò IV nell'autunno del 1289 inviò in. Romagna il Rettore Stefano Colonna per sedare tumulti e comporre discordie. Il Colonna restò molto turbato e travagliato per l'omicidio di Francesca da Polenta e di Paolo dei Malatesta e solo nel marzo 1290 il Colonna riuscì a riconciliare le due Famiglie. Si può essere turbati e travagliati per una tragedia successa di recente, ma non accaduta quattro anni prima, ossia nel 1285, l'altra data suggerita da alcuni, e che non trova credito anche perché in tale anno, e subito dopo, troviamo Malatesta e Polentani stretti alleati e senza ombra di discordia. Il velo di silenzio che ha subito avvolto la tragedia e che ha impedito di trovare documenti dell'epoca, si può spiegare con il fatto che Giangiotto, offeso nell'onore, abbia impedito di parlarne negli atti pubblici della sua giurisdizione o li abbia distrutti. E dove finirono i corpi dei due sfortunati amanti?

 

Nel 1760, narra L. Carnevali, alcuni operai durante un lavoro di sterro nei pressi della rocca rinvennero un sarcofago di epoca romana contenente lo scheletro di una donna ed alcuni monili: un anello con cammeo e resti di seriche vesti che indicavano chiaramente trattarsi di nobile dama. lì sarcofago fu trasportato in Pesaro alla Oliveriana. Si trovò inoltre nel XVII sec. nel fondo del mastio uno scheletro completo rivestito di un'armatura. Fra il popolo di Gradara fu tramandata da padre in figlio la cronaca della tragedia avvenuta nella rocca; cosa che non si riscontra né in Rimini né in altri luoghi. Data una cosi radicata tradizione è facile immaginare a chi furono, dai più, attribuiti i resti dei corpi e come vieppiù si accrescesse la certezza che i due in felici cognati ivi perissero. Quasi di certo il sarcofago racchiudeva i resti dell'infelice figliola di Guido Lamberto Da Polenta, che Giangiotto, pur di poter occultare subito il misfatto, non avrà posto tempo in mezzo a servirsi del primo sarcofago avuto a disposizione e, racchiusovi il corpo della bella Ravenna te, a far seppellire quest'ultima nei pressi della rocca in un luogo acconcio ad essere sorvegliato. Per ciò che riguarda la presumibile sepoltura di Paolo il "Bello" siamo più propensi a credere che lo sciancato nella sua truce vendetta abbia fatto precipitare il corpo di lui, per il quale aveva forse ucciso involontariamente la sua donna, in uno dei tanti trabocchetti ferrati nella rocca. I miseri resti rinvenuti nell'armatura erano certo quelli di qualche disgraziato sepolto vivo.

 
Testi tratti da: "Gradara nella storia, nell'arte e nel turismo."
edito da PAMAGRAPHICOLOR Autore: Delio Bischi
 

Torna su