JESI


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Posizionata lungo il medio corso del fiume Esino, è una città di antiche e importanti tradizioni industriali che le hanno valso, sin dalla fine dell'Ottocento, l'appellativo di "Milano delle Marche". A testimonianza del suo passato storico, che nel XII secolo l'ha vista piccola capitale della Respublica Aesina, conserva un centro storico con monumenti, ancora circondato da una cinta muraria del XV secolo pressoché intatta. Jesi è situata nella bassa valle del fiume Esino, su un poggio poco rilevato (97 m s.l.m.), e il suo territorio si estende su una superficie di 107 km².

 

Nonostante la relativa vicinanza del mare, Jesi presenta un clima con influenze continentali.
Gli inverni sono moderatamente freddi e umidi, a volte nevosi. Tra le nevicate maggiori degli ultimi 20 anni, si ricordano quelle del dicembre 1996, del gennaio 2005 e del febbraio 2012 (in tutti i casi il manto nevoso ha superato i 50 cm e addirittura si è portato intorno al metro di altezza nell'ultimo episodio citato). Le minime, a seguito delle ondate di gelo maggiori, possono precipitare fin sotto i -10 °C / -15 °C.
Le estati sono molto calde e spesso afose, caratterizzate da scarsa ventilazione. I temporali non sono rari e in qualche caso violenti, con rovinose grandinate ed occasionali trombe d'aria (come quella che nell'estate del 2014 ha causato ingenti danni alla periferia ovest della città). Durante le ondate di caldo africano i termometri si portano facilmente sui +35 °C / +40 °C e addirittura nel 2003 si registrarono picchi record di +43 °C. Le temperature più elevate si hanno comunque quando spira il Garbino, vento di caduta dall'Appennino, assai caldo e secco.
Le stagioni mediane sono in genere miti e piacevoli, sebbene possano rivelarsi molto piovose (con eventi alluvionali che interessano il corso del fiume Esino). La nebbia è comune sia nella stagione autunnale che in quella invernale.

 

Convento di San Floriano

   
 
 

È la chiesa più importante della città sotto il profilo storico e religioso. Infatti fin dal XII secolo fu dedicata al patrono della comunità jesina e qui si svolgevano le più importanti cerimonie pubbliche tra cui, il 4 maggio, la presentazione del Palio da parte dei Castelli di Jesi in segno di sottomissione alla città. Nel 1439 venne presa in consegna dai Frati Minori Conventuali, provenienti dal convento di San Marco, che dal 1478, procedettero ad un rinnovamento interno del tempio medioevale che era a navata unica, orientato in direzione nord-sud, con ingresso sul cortile dell'attuale Palazzo Ghisleri. Negli stipiti della porta d'ingresso sono visibili alcune pietre intagliate in stile romanico della precedente chiesa medioevale. Fu allora che la planimetria venne modificata collocando l'ingresso verso la piazza, con la creazione di nuove cappelle che ben presto si arricchirono di monumenti sepolcrali e opere d'arte, tra cui la Deposizione, la Annunciazione e la Pala di Santa Lucia di Lorenzo Lotto, realizzate tra il 1512 e il 1532 e conservate nella Pinacoteca Civica assieme ai sarcofagi e ai bassorilievi che originariamente l'adornavano.

 

L'aspetto attuale è frutto del rifacimento avviato nel 1743 nel corso del quale la chiesa e il convento subirono radicali trasformazioni ad opera dell'architetto Francesco Maria Ciaraffoni che ne progettò gli interni e lo scalone. Presenta un grande tiburio e una facciata mai completata. L'interno, a pianta centrale ellittica, è tutto impostato sulla cupola a base ovale decorata di stucchi e affreschi con le Storie di san Francesco eseguiti in stile tardo-barocco dal locale Francesco Mancini a partire dal 1851. La chiesa, sconsacrata nel 1860, divenne prima sede della biblioteca civica, poi della pinacoteca comunale e, infine, è sede del teatro studio Valeria Moriconi, dedicato all'attrice jesina.

 

Chiesa di San Marco

   
 
 

Sorge poco fuori dalla cerchia delle mura, fa parte di un complesso monastico di clausura. Venne eretta in stile Gotico nel XIII secolo e presenta una facciata tripartita aperta da un ricco rosone in cotto sormontante un portale marmoreo. L'interno è diviso in tre navate da pilastri ottagonali che reggono volte a crociera. Vi si conservano alcuni affreschi trecenteschi, superstiti del ciclo pittorico che originariamente decorava la maggior parte delle pareti della chiesa, che ritraggono il "Transito della Madonna", la "Madonna di Loreto", la "Crocifissione" e l'"Annunciazione". Le pitture murali hanno dato luogo ad alcune difformità di attribuzione, ma i restauri hanno permesso di chiarire la matrice di scuola riminese degli affreschi ricondotti a Giovanni e Giuliano da Rimini e ad artisti di ambito fabrianese. Nel corso dei restauri effettuati il secolo scorso (1854-1859) dall'architetto Angelo Angelucci e dai pittori Silvestro Valeri di Perugia e Marcello Sozzi di Roma, si è provveduto a completare la decorazione della volta e dei sottoarchi, oltre che degli arredi lignei.
 

 
   

Palazzo della Signoria

 

Era la sede originale del Gonfaloniere e dei Priori, cioè della Magistratura cittadina. Nel 1586 fu ceduto al Magistrato Pontificio e da allora divenne il Palazzo del Governatore fino all'avvento dell'Unità d'Italia[1] . L'edificio poggia sul lato nord-orientale sulle fondamenta dell'antico Teatro romano e venne edificato dopo l'abbattimento del medievale Palazzo dei Priori, dal 1486 al 1498[2][3]. Il progetto si deve all'illustre architetto senese Francesco di Giorgio Martini[4][5], già attivo in diverse località delle Marche e, a partire dal 1471, impegnato ad Urbino per la costruzione della nuova ala del Palazzo Ducale di Federico da Montefeltro. Con l'avvento dei governatori pontifici, il palazzo ha cominciato a subire profonde trasformazioni. Nel 1611 fecero costruire una nuova Cappella nel loggiato di mezzo, poi traslocata di nuovo nel 1824 in un vano ottenuto tramezzando la Sala d'Armi. Dopo il 1860, quando Jesi e le Marche vennero annesse al nuovo Regno d'Italia, l'edificio divenne sede della Pretura, Archivio notarile e delle Carceri mandamentali. 

 

 

Portare della Salara

 

 

 

 


Nel 1913 è stata costruita, al pianterreno, la prima Centrale telefonica automatica d'Italia. Dichiarato monumento di interesse nazionale alla fine degli anni 1920, il palazzo è stato restaurato fra il 1930 e il 1939. In seguito è divenuto la sede della Biblioteca Comunale, notevolmente arricchita all'inizio del Novecento dalla donazione al Comune della famiglia Pianetti, tanto che le hanno cambiato il nome in Biblioteca comunale Planettiana.

 

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