JESI


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Arco Clementino

 

L'arco trionfale venne eretto in stile tardo barocco nel 1734, su progetto dell'architetto locale Domenico Luigi Valeri,in onore di papa Clemente XII degli Orsini.
Fu un gesto di omaggio verso il pontefice che si era reso benemerito per l'abolizione del dazio sul grano e la sistemazione della strada che collega Nocera Umbra con l'Adriatico e che venne chiamata, da allora, Strada Clementina (l'attuale Statale 76).
L'arco costituisce il punto focale del lungo asse prospettico e fortemente scenografico del Corso settecentesco intitolato a Giacomo Matteotti.

 
 

Le mura di Jesi

 

 

 

La cinta fortificata, tra le meglio conservate dell'intera regione, racchiude il nucleo medievale della città, di compatta forma trapezoidale, per un perimetro di circa 1,5 km. Vennero erette nel XIV secolo sul tracciato delle più antiche mura romane, rappresentando il simbolo della libertà comunale. Nel XV secolo vennero quasi totalmente ricostruite (fa eccezione la parte detta del "Montirozzo") ad opera degli architetti militari Baccio Pontelli e Francesco di Giorgio Martini. Sono costituite da alti muraglioni cortinati con beccatelli, rinforzati da torrioni e aperte da sette porte: ne restano aperte solo quattro. La conformazione delle mura varia in rapporto alla morfologia del terreno che presenta livelli di quota differenziati, dalla pianura (66 m s.l.m.) alla collina (96 m s.l.m.). Le mura della parte meridionale, racchiuse tra il Torrione Rotondo e il Torrione di Mezzogiorno (costruito nel 1454), erano fiancheggiate da un fossato, successivamente interrato, e si presentano "basse", caratterizzate da semplici cortine verticali con beccatelli e caditoie. Si fanno più alte e imponenti sul versante orientale, poste sui pendii, che hanno cortine rafforzate con scarpata per una maggior difesa contro le armi da fuoco. Sulla parte più alta, quella nord-occidentale, che si apriva sul prolungamento della città "nuova", la cosiddetta "Addizione di Terravecchia", sorgeva la Rocca Pontelliana, eretta su progetto di Baccio Pontelli, appunto, a partire dal 1487 e già demolita nel 1527, l'ultimo torrione (di fianco l'Arco del Magistrato) venne smantellato nel 1890.

 

Piazza Federico II

   
 
 

È la storica piazza più importante della città. Tutta racchiusa da edifici nobiliari e dal duomo. Sorge sul luogo del Foro romano, all'incrocio fra il cardo e il decumano massimi. Sono state ritrovate anche le fondamenta degli edifici che la cingevano, come quelle del teatro, delle terme e della cisterna. Dopo le devastazioni barbariche vi sorse la prima cattedrale cristiana di Jesi, forse sulle fondamenta di un precedente tempio pagano. Il giorno di santo Stefano del 1194, sotto un grande padiglione appositamente eretto, nacque l'imperatore Federico II. Per ricordare san Floriano, in età comunale, tutte le genti e i cittadini dei comuni sottomessi si riunivano ogni anno (il 4 maggio) in questa piazza per rendere omaggio alla città con i propri gonfaloni (detti palli) e festeggiare il patrono. La festa si chiamò palio di San Floriano. La conformazione odierna è quella assunta dal luogo durante il XVIII secolo. Chiude la piazza una caratteristica balaustra, realizzata nel 1758 dal bolognese Gaetano Stegani, architetto della legazione di Urbino. La fontana–obelisco è opera di Raffaele Grilli e di Luigi Amici (artefice delle leonesse).

 

 

 

Chiesa San Pietro Apostolo

 

La chiesa sorge su un'antica costruzione risalente al periodo romano, della quale recenti scavi hanno messo in luce una pavimentazione a mosaico. Il possesso di un fonte battesimale, ci fa supporre che probabilmente fu la prima Pieve della città e della diocesi. In età medioevale era di stile gotico con porticato e aveva l'ingresso rivolto in via Baldassini. Successivamente ad un violento incendio che distrusse gran parte della chiesa, venne ricostruita nelle forme attuali a partire dalla metà del '700 su progetto di Gaetano Fammilume, aiutato, molto probabilmente, anche dall'arch.
Mattia Capponi, in particolare per quanto riguarda la scenografica scalinata d'ingresso a doppia rampa avvolgente e le due piccole torri campanarie che contraddistinguono la facciata. Nelle quattro edicole delle torri erano state sistemate statue degli apostoli scolpite dal folignate Stefano Montrocchi distrutte dai giacobini nel 1798. All'interno, oltre ad alcuni interessanti affreschi, è esposta sull'altare maggiore la Consegna delle chiavi a S. Pietro, opera di G. Ricci.

 
 

Il teatro Giovanni Battista Pergolesi, o più comunemente Teatro Pergolesi

 

 

 

Nel 1790 il Comune cedette alla Società della Concordia, costituita da 54 nobili Jesini con il sostegno del governatore pontificio Pietro Gravina dei grandi di Spagna, dei lotti di terreno già occupati da piccole botteghe. Per volere della Società venne, dunque, iniziata la costruzione dell'allora Teatro della Concordia, a sostituzione del vecchio teatro del Leone, ormai non più adeguato alle esigenze dell'epoca.
Il progetto originale fu affidato all'architetto fanese Francesco Maria Ciaraffoni, ma venne ampiamente rivisto dall'architetto pontificio Cosimo Morelli da Imola che, assai conservatore e legato a canoni neorinascimentali di ordine e chiarezza compositiva, impediva ogni innovazione architettonica. Morelli provvide ad allargare la pianta ed il boccascena e diede la definizione dell'ampia curva ellittica della sala, da cui dipende la sua ottima acustica. Inoltre rivide il disegno della facciata creando un alto basamento a bugnato liscio con un motivo ad arcate in asse con le finestre a timpano dei piani superiori.

 

La realizzazione tecnica, in particolare della volta, venne affidata all'architetto Giovanni Antonio Antolini (autore del progetto del foro Bonaparte di Milano, mai realizzato). La decorazione interna venne affidata a due famosi artisti neoclassici: il pittore Felice Giani, che dipinse le Storie di Apollo sulla volta della sala, e al decoratore Gaetano Bertolani che realizzò gli ornamenti e gli stucchi.
Il teatro venne inaugurato nel carnevale del 1798, non alla presenza dei nobili finanziatori quanto del popolo e dei giacobini, che nel frattempo avevano invaso la città in seguito alla vittoria napoleonica e al Trattato di Campoformio. Per l'occasione vennero rappresentate tre operine, di cui due di Marcos António Portugal Lo spazzacamino principe e Le confusioni della somiglianza ossia Li due gobbi e la terza La capricciosa corretta di Vicente Martín y Soler. Esecutrice ne fu il soprano pesarese Anna Guidarini, madre di Gioacchino Rossini.

 

 

I lavori di abbellimento continuarono. Carlo Bertani e Carlo Caccianiga realizzarono otto scenari, rinnovati nel 1828 dal fiorentino Luigi Facchinelli. Nel 1837 furono aggiunti sei palchi nel proscenio, decorati nel 1859 dal romano Giuseppe Vallesi che provvide a restaurare anche le pitture del Giani. Successivamente sulla facciata fu aggiunto il fascione che sovrasta il cornicione e che reca al centro l'orologio in pietra tenuto da due Aquile federiciane e due cornucopie. Dono di Massimiliano di Beauharnais del 1839, in seguito alla calorosa accoglienza ricevuta l'anno prima durante la sua visita a Jesi. Nel 1856 venne realizzato dal pittore jesino Luigi Mancini il sipario storico con L'ingresso di Federico II a Jesi nel 1216, dove l'imperatore svevo era nato nel 1194.Nel 1883 il teatro perse la denominazione di teatro della Concordia per prendere quella definitiva di "Giovanni Battista Pergolesi", in omaggio al celebre compositore nato nella stessa Jesi nel 1710.

 

Dal 1929 il teatro è diventato di proprietà del comune. Nel gennaio 2006 è stato operato un intervento di restauro dell'orologio di epoca ottocentesca presente sulla facciata del teatro: il meccanismo a ricarica manuale è stato sostituito da una centralina elettronica ad alta precisione. L'antica apparecchiatura meccanica, smontata pezzo per pezzo, è stata sottoposta a un minuzioso intervento di restauro e poi è stata esposta alla pubblica visione nel foyer del teatro.

 

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