GRADARA Parte Seconda


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I MALATESTA
 

 

Dopo un breve dominio dei Bandi di Pesaro, ecco affacciarsi alle porte di Gradara verso il 1260, la famiglia Malatesta, guelfa. Malatesta da Verucchio, signore di Rimini, ed i figli Giovanni detto Giangiotto, Paolo il bello, Malatestino dall'Occhio e Pandolfo l° sono nomi strettamente legati alla storia di Gradara, per il tragico epilogo dello sfortunato amore di Paolo e Francesca. Malatesta da Verucchio abile e scaltro uomo d'arme, comprendendo l'importanza strategica di Gradara, porta d'ingresso alla Marca, dopo esserne venuto in possesso "a giusto titolo" dette inizio alla costruzione della Rocca a pianta quadrilatera, con due torri poligonali, incorporandovi quella dei Griffo che ne divenne il mastio.

 

E mentre questi resterà per sempre, dalla parte orientale un sicuro baluardo angolare, dalla parte occidentale della Rocca si avviò la costruzione di un possente girone di torri unite da cortine merlate cammini di ronda con piccolo ponte levatoio. La Rocca di Gradara, non terminata per la morte di Giangiotto avvenuta nel 1304, passò al fratello Pandolfo l°, che pensò a completarla e ad aggiungere mura, torrioni e ponti levatoi. Malatesta 1°, vero patriarca della Famiglia, morì centenario nel 1312, confermando al figlio Pandolfo l° la Rocca di Gradara come bene allodiale, ossia bene di famiglia, con leggi e statuti propri, trasmissibile per successione e non concesso per investitura: condizione molto privilegiata per quei tempi... Alla morte di Pandolfo l°, nel 1324, il possesso di Gradara andrà al figlio Malatesta II° detto Guastafamiglia che, avendo già Pesaro, conquisterà anche Rimini, togliendola ai cugini che farà poi trucidare, dopo averli tenuti prigionieri. Sotto il suo governo, Gradara si elevò a libero comune e nel 1363 il Guastafamiglia promulgherà i famosi Statuta Terre Gradarie riconfermati da Leone X e aggiornati da Vittoria Farnese nel 1552. Ne abbiamo curato la pubblicazione.

 

Fu l'epoca d'oro per questa terra che vide codificate consuetudini assai più antiche, privilegi rispettati anche dalla vicina Pesaro. Garantita dalla massiccia sicurezza della Rocca e delle mura, libero il commercio, tutelato l'ordinamento della vita pubblica, Gradara divenne un luogo di soggiorno ideale. I Signori vi chiamarono a convegno artisti e letterati; il popolo trovò larghi proventi nei traffici e nell'agricoltura. Anche il nuovo comune ebbe le proprie gerarchie: Il Vicario, il Castellano, il Gonfaloniere, i Priori, gli Anziani. Con l'erezione a libero comune e ad una conseguente emancipazione, anche se parziale, aumentarono le responsabilità, specie nel campo della difesa e dell'approvvigionamento. Malatesta Guastafamiglia mori nel 1364 e per sorteggio la Rocca di Gradara toccò al figlio Pandolfo 110, amico del Petrarca. Alla sua morte, nove anni dopo, gli successe il figlio Malatesta, detto dei Sonetti, in quanto amante delle belle lettere e arti, e che poi diventerà Senatore in ricompensa dei servigi resi alla Chiesa. lì 1211011414 egli perdette, in Gradara, Galeotto suo figlio di appena sedici anni. Nel 1415 la Principessa Costanza Da Varano fu rinchiusa prigioniera nei sotterranei del castello.

 

Il 1424 resta l'anno più nero per la storia di Gradara. In quel periodo viveva nella Rocca uno dei figli del Malatesta dei Sonetti, Galeazzo, detto l'inetto, marito di Battista da Monte-feltro, donna di alto sentire, che gareggiava con il suocero nel comporre e recitare poesie. Dopo la battaglia di Zagonara del luglio 1424, alle truppe vittoriose ma stanche, di Filippo Maria Visconti, Duca di Milano, Galeazzo ingenuamente apri le porte per un richiesto breve bivacco. La soldataglia fece prigioniero lui e la moglie, abbandonandosi nel castello e nel borgo a grandi orrori, stupro, furto di cose e di bestiame, assassinio. La truppa era guidata da Angelo Della Pergola che i suoi mercenari chiamavano Angelo del Fuoco. L'avventura, che si concluse con il saccheggio e con deportazione di uomini e donne, fu narrata dal Muratori, e da altri storici Deinde iverunt versus Pisaurum et quattuor castra posuerunt ad depredationem seu ad saccomanum, scilicet Gradariam, cum aliis tribus et duxerunt captivos homines et mulieres. lì Duca di Milano intervenne... con mille scuse, ordinando, già sulla via del ritorno, la liberazione dei prigionieri. Fu in tale occasione che Malatesta dei Sonetti farà scolpire nella Sala del Consigli6 la frase che ancor oggi si legge: Maledictus homo - qui confidit in homine.

 

Alcuni dicono che era già stata scolpita dal tradito Giangiotto. Chiunque sia stato aveva ragioni da vendere... anche per i secoli avvenire! Malatesta dei Sonetti morirà a Gradara il 1911211429 e la salma verrà tumulata nella Chiesa di S. Francesco in Pesaro, eretta da suo padre nel 1366. Mentre lui stesso fece innalzare, sempre in Pesaro, 5. Domenico, altra magnifica chiesa malatestiana. Gli successero i figli Carlo, Galeazzo e Pandolfo, che per il loro malgoverno furono cacciati dai pesaresi il 16 maggio 1431. Le difficili ore di questa ribellione, furono rievocate in Urbino da Battista di Montefeltro, moglie di Galeazzo, in forbito latino alla presenza dell'imperatore Sigismondo. Pandolfo si rifugiò in Gradara, difeso dalla guarnigione della Rocca e dai cittadini rimasti fede-li ai Malatesta. Non con molta fortuna, poiché il Legato Pontificio rimise l'anno dopo Gradara al giovane Roberto - Galeotto detto il Beato, un Malatesta di Rimini. Breve fu il suo dominio, poiché lo stesso anno mori. lì castello, non senza contrasti, passò al fratello: l'ultimo, più grande e splendido dei Malatesta, Sigismondo-Pandolfo, Signore di Rimini, il costruttore della Rocca e del Tempio Malatestiano (n. il 191611417). lì dominio su Pesaro, ritornato intanto ai Malatesta, dopo la morte di Carlo e di Pandolfo, passò a Galeazzo che, inetto qual era, e sempre più molestato dal cugino, il potente Sigismondo, bramoso di spingere il suo dominio su Pesaro, si decise a vendere il 15 gennaio 1445 per 20.000 fiorini d'oro Pesaro ad Alessandro Sforza, e per 13.000 ducati Fossombrone a Federico di Montefeltro, Conte di Urbino, altro colosso nella storia del Rinascimento, distintosi particolarmente nelle armi e nelle arti. Sigismondo predilesse Gradara dove spesso soggiornò. La sua sigla intrecciata $ che viene ammirata nei soffitti a cassettone del castello, ancora desta curiosità: Sono le prime lettere di Sigismondo e Isotta, sua amante prima di essere moglie, o sono le prime lettere del suo nome, come amava far credere lo stesso Sigismondo?

 

Celebre rimase il gran convito che diede in Gradara il primo maggio 1442 e al quale, fra gli altri, parteciparono la moglie Polissena Sforza, Francesco Sforza e sua moglie Bianca Maria, figlia di Filippo Visconti, duca di Milano, Elisabetta Varano, Costanza Varano, bella ed erudita, e la giovane figlia Battista Sforza che diventerà la seconda moglie di Federico da Montefeltro: le sembianze di questi ultimi saranno poi immortalate da Piero della Francesca. Dopo 15 giorni Francesco Sforza e sua moglie ritorneranno a Gradara ospiti di Sigismondo. lì Papa Eugenio IV che non aveva dato il suo consenso alla vendita di Pesaro e Fossombrone, assoldò Sigismondo-Pandolfo e, dopo aver scomunicato i fratelli Francesco ed Alessandro Sforza ed anche Federico da Montefeltro, Conte di Urbino, mosse loro guerra. Uno dei principali episodi, non solo di questa guerra, ma di tutta la storia del castello, ebbe inizio il 1711011446 quando Francesco Sforza e Federico da Montefeltro, assediarono Gradara per 42 giorni, ma senza espugnarla. Gli assediati, fedeli a Sigismondo, combatterono valorosamente ed ebbero un insperato alleato nell'eccezionale maltempo che contribuì a fiaccare gli assalitori. Con le bombarde, la nuova arma da fuoco, furono scagliate dentro al castello 440 palle di pietra e tra i difensori si ebbero ben 15 morti. Nel marzo del 1460 Gradara verrà di nuovo assediata, anche questa volta inutilmente, da Nicolò Piccinino. Sigismondo, sempre incline alle sue mire espansionistiche, suscitò le ire di Pio 110 Piccolomini, che istrui un processo contro di lui anche tanto exercito et cum tante bombarde non have possuto fare in quaranta per la sua vita privata, accusandolo di aver ucciso le prime due mogli, Ginevra d'Este e Polissena Sforza e nel 1461 con una bolla, dopo averlo definito eretico, incestuoso, adultero, bestemmiatore ecc. lo scomunicò sciogliendo i sudditi da ogni giuramento di fedeltà nei suoi confronti e reclamando le terre che teneva in vicariato dalla Santa Sede. Sigismondo si oppose ma perdette Fano, Senigallia e Pergola; il 2611011463 dopo un breve e poco combattuto assedio, anche Gradara venne espugnata dalle truppe del Conte Federico da Montefeltro. Terminerà cosi, dopo due secoli, la signoria di questa grande famiglia su Gradara.

 

GLI SFORZA
 

Pio II° con breve del 27/12/1464 cedette Gradara al Signore di Pesaro Alessandro Sforza che, come scrive il Michelini Tocci con felice espressione, subito riservò al castello, come ad un'amante lungamente desiderata e contesa, le attenzioni più vigili... Ad Alessandro, morto il 31411473, successe il figlio Costanzo, sposo di Camilla D'Aragona. I Malatesti, rimasti Signori di Rimini, vagheggiavano il ritorno a Gradara. L'occasione parve presentarsi favorevole quando Sisto IV scomunicò Costanzo. Roberto Malatesta, figlio di Sigismondo (morto a Rimini il 13/10/1468), fomentò il 9/6/1481 una ribellione nella Rocca di Gradara e, contando su amici fidati, tentò di fare uccidere il Vicario sforzesco e impadronirsi della Rocca. lì tentativo falli ed i congiurati riuscirono a fuggire. L'anno dopo Roberto Malatesta detto il Magnifico, per aver difeso valorosamente Roma dalle soldatesche del Duca di Calabria, ebbe per i figli poco prima di morire, da Sisto IV, l'ambito e sospirato premio:Gradara. Ma per breve tempo.

 

 

Infatti Papa Alessandro VI, annullando la bolla del suo predecessore, sancì che Gradara ritornasse nel distretto Pesarese. A Costanzo Sforza, morto il 4/7/1483, successe il figlio legittimato Giovanni che, vedovo di Maddalena Gonzaga, nel giugno 1493 sposò la famosa Lucrezia Borgia, non iam neptls, sed Pontiflcls fi/la, come dirà una cronaca audace del tempo! La bella e giovane Lucrezia è superbamente ritratta dal Mantegna nella Pala della Vittoria finita al Louvre. Fu in onore di Lucrezia che Giovanni Sforza restaurò ed abbellì il castello e la Chiesa di 5. Giovanni. Resta a ricordo una epigrafe che ancor oggi si legge sopra la porta maggiore del castello: Arcem vetustate et tormentls pene dirutam saluti et memoriae Joannes Sforthia instaura vlt anno MCCCCLXXXXIV. Giovanni fu molto liberale con i cittadini di Gradara esentandoli da dazi e gabelle. Ma Alessandro VI che ambiva di costruire con le Marche e le Romagne uno Stato per il figlio naturale Cesare Borgia detto il Valentino, costrinse lo Sforza il 18/11/1497 ad accettare l'annullamento del matrimonio con Lucrezia, per propria esplicita dichiarazione di impotenza e con bolla del 1/10/1499 lo dichiarò decaduto proclamando in sua vece il Valentino. Con la morte di Alessandro VI - 10/8/1503 - crollò il dominio dei Borgia e Giovanni Sforza, che nel frattempo si era rifugiato a Mantova, riprese il possesso di Gradara. possesso che gli venne poi confermato da Giulio Il. Lo Sforza, dalla terza moglie, Ginevra Tiepolo, avrà finalmente, e proprio in Gradara, il 24 febbraio 1510, il sospirato figlio, Costanzo II°, riabilitandosi così dalle accuse di impotenza di cui anni prima l'aveva gratificato Alessandro VI. Lo stesso anno, il 27 luglio, si spense nella prediletta Gradara, dove, come scriverà il Gregorovius, passava la più gran parte del suo tempo nella solitudine. Dopo due anni morirà anche il piccolo erede.

 
I DELLA ROVERE
 

 

Terminato così il dominio degli Sforza, Papa Giulio Il Della Rovere, il 20 febbraio 1513, investì della signoria il nipote Francesco Maria I Della Rovere, Duca di Urbino, per il canone annuo di una tazza d'argento dal peso di una libra (330 gr.> da consegnarsi il giorno di 5. Pietro. Con l'elevazione al papato di Leone X, un Medici, Gradara nel 1516 passò sotto il dominio del nipote Lorenzino. E a lui che il Machiavelli dedicherà lì principe. La morte di Lorenzo avvenuta nel 1519, e quella del Papa due anni dopo, consentirono al Della Rovere di riprendere Gradara e di affidarne il governo alla moglie Eleonora Gonzaga. A Francesco Maria l° morto il 2011011538, successe il figlio Guidubaldo 110 che nel 1548 donò la rocca alla sua seconda moglie Vittoria Farnese. Il Duca ospitò nel castello Paolo III, quello del concilio Tridentino, reduce con il suo seguito da un incontro a Busseto con l'Imperatore Carlo V. In detta occasione celebrò la messa nella Cappella.

 

Per ricordare l'illustre visita venne murata una lapide, non più esistente, nel volto della scala che conduce nell'alto mastio, con la scritta: Adi 16 luglio 1543 Papa Paolo III giunse qui a ore XIV. Vittoria Farnese governò saggiamente riformando nel 1552 i vecchi Statuti malatestiana. A Guidubaldo Il, morto il 2819/1574, successe il figlio Francesco Maria Il Della Rovere. Anche questi seguendo l'esempio dei suoi predecessori, affidò il governo di Gradara alla sua seconda moglie Livia. Con la fine, senza eredi, di Francesco Maria Il, giunta il 28/4/1631, tutto il ducato di Urbino verrà avocato alla Santa Sede.

 
Testi tratti da: "Gradara nella storia, nell'arte e nel turismo."
edito da PAMAGRAPHICOLOR Autore: Delio Bischi

 

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